#Ascari primo e ultimo italiano campione in #Ferrari

Ascari con la Ferrari 500 al Gp d’Italia 1952 vinto davanti a Villoresi e Farina (LAT Images)

Alberto Ascari se ne è andato 65 anni fa: pochi giorni dopo esser volato in mare a Montecarlo era voluto tornare al volante a Monza convincendo Castellotti a fargli provare la sua Ferrari. Lui che ormai era un pilota Lancia. E’ come se un giorno Hamilton si presentasse da Leclerc e gli chiedesse mi fai provare la tua Ferrari, ah non ho il casco prestami anche quello…

Alberto Ascari aveva il destino scritto nei numeri.

26 il giorno della sua morte (maggio 1955) e di quella di suo padre (luglio 1925)

37 gli anni che avevano sia lui che suo padre quando se ne sono andati in una curva veloce a sinistra

Sessanta cinque anni fa Alberto Ascari, l’ultimo pilota italiano campione del mondo di Formula 1 (due volte nel ’52 e ’53 con la Ferrari), volava fuori pista a Monza dove era andato in gita e non per correre davvero. Un incidente avvolto nel mistero perché avvenuto senza testimoni con Ascari che pochi giorni dopo esser finito in mare a Montecarlo con la sua Lancia, era tornato al volante della Ferrari del suo amico Castellotti. “Fatemela provare per togliermi la paura di Montecarlo”, avrebbe chiesto. Con la cravatta infilata nella camicia azzurra, con il casco imprestatogli dall’amico è volato verso il cielo là in quella curva che adesso porta il suo nome.

“Il pilota Alberto Ascari aveva uno stile preciso e deciso, ma era l’uomo che aveva bisogno di partire in testa. Ascari in testa era difficilmente superabile: oserei dire che era impossibile superarlo, a meno che la lotta in famiglia non forzasse il suo temperamento come accadde a Monza nel 1953… Alberto si sentiva sicuro quando faceva la lepre, in quei momenti il suo stile diventava superbo e la sua macchina imprendibile”, scriveva di lui Enzo Ferrari nel suo Piloti che gente. “Volevo dirle quanto bene le volesse Alberto…”, scrisse invece la moglie di Ascari, Mietta, all’Ingegnere dopo la morte dell’amato marito.

Monte Carlo, Monaco. 22 May 1955. La Lancia D50 di Ascari recuperata in mare (LAT)

Il rapporto di Ascari con Enzo Ferrari fu affettuoso all’inizio e turbolento alla fine quando Alberto lasciò la Ferrari per la Lancia e non soltanto per denari (un mega contratto da 200 milioni) come voleva far credere l’Ingegnere. Ferrari era stato compagno di squadra del padre Antonio negli anni Venti e quando Alberto si presentò a Maranello come cliente per una delle due 815 che Ferrari stava costruendo per la Mille Miglia, fu proprio Ferrari a cercare di dissuaderlo. Operazione che per fortuna fallì, anche perchè Ferrari confessò “Ci provai, ma sapevo anche che sarebbe andato da un’altra parte a cercare una macchina per correre e quindi sarebbe stato inutile”. E Ascari, pagando  20 mila lire la 815, cominciò la carriera che lo portò a diventare uno dei più grandi piloti italiani del dopoguerra, anzi il più grande di tutti.

Due Mondiali, 13 vittorie, 14 pole position, 12 giri veloci, 4 secondi posti in 32 gran premi. Nessun pilota italiano è ancora riuscito a far meglio…

Ascari era una stella della sua epoca. Un uomo che affascinava i potenti e le signore anche se l’amore con la sua Mietta non era mai stato messo in discussione. E’ stato un Senna, uno Schumacher, un campione che usciva dal suo sport e centrava nelle cronache per qualsiasi cosa facesse. E poi come rivale aveva un certo Juan Manuel Fangio, amico e avversario. Senza quel volo in acqua a Montecarlo e quell’incidente fatale a Monza, forse Fangio non avrebbe vinto i suoi 5 titoli mondiali. Ma questa è la Formula 1. Senza la maledetta Imola del 1994, forse Schumacher non sarebbe arrivato a 7 titoli…

Alberto Ascari è un protagonista dei miei ultimi due libri. Lo trovate in Ferrari, Gli uomini d’oro del Cavallino anche in formato e.book e in Storia della Formula 1 in 50 ritratti

Ecco il ritratto di Alberto Ascari eseguito da Roberto Rinaldi per il libro
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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

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