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Ferrari un grande film a cui manca solo la parola

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Adam Driver non assomiglia ad Enzo Ferrari, ma lo interpreta in modo convincente anche se non è italiano come avrebbe voluto Favino. Il film di Michael Mann su Enzo Ferrari e su quel 1957 da incubo che è stato la svolta della sua vita, come uomo e costruttore, è un gran bel film. Il New York Times lo ha definito il miglior film sulle corse mai uscito. Non so dirvi perchè a me Rush e Ferrari vs Ford sono piaciuti altrettanto.

L’altra sera a Maranello ho assistito alla prima italiana con il doppiaggio nella nostra lingua. Doppiato non lo aveva ancora visto neppure Piero Ferrari. Il doppiaggio un po’ mi ha deluso, credo che una parlata emiliana, addirittura modenese, ci sarebbe stata bene. Invece l’unica concessione è una caricatura dell’Avvocato Agnelli con la “erre” arrotata. Fin eccessiva, appunto quasi una caricatura. Voci a parte però il film mi è piaciuto.

La storia la sapete (https://topspeedblog.it/a-venezia-sta-per-arrivare-il-film-su-ferrari/), racconta il 1957 della Ferrari e di Ferrari. L’azienda in crisi sull’orlo del fallimento, la morte di Castellotti e di De Portago, le critiche del Vaticano e della stampa, la moglie Laura (Penelope Cruz) che scopre l’esistenza di una seconda famiglia con Lina (Shailene Woodley) e il figlio Piero, il tutto pochi anni dopo la scomparsa dell’amato Dino. Una tempesta di sentimenti con Laura che una mattina, accogliendo Enzo in ritardo dopo aver trascorso la notte da Lina, gli spara mancandolo appositamente… ù

Tra le ultime scene del film c’è quella i cui Laura dice a Enzo “Il ragazzino non dovrà chiamarsi Ferrari finché sarò viva io”. Volontà che Ferrari rispettò. Piero Lardi divenne Ferrari solo nel 1979, un anno dopo la morte della prima moglie di suo padre.

Mann si sofferma molto sull’uomo. Sul rapporto con Laura, Lina e con il piccolo Piero con cui parla di motori e di piloti. Piero gli chiede anche l’autografo di De Portago. Piccole concessioni hollywoodiane perchè se la storia è vera, i dialoghi ovviamente non lo sono. Ne viene fuori anche la durezza di Ferrari che in pista, un attimo dopo l’incidente mortale di Castellotti dice: “Convocate De Portago per lunedì” e poi racconta come per proseguire dopo aver visto morire tanti amici ha dovuto costruirsi un muro attorno.

C’è anche la tenerezza nel rapporto con Piero, la nostalgia nella visita al cimitero dove riposa Dino che rivede in sogno come suo padre e suo fratello. Il film si chiude con Enzo che accompagna Piero al cimitero e gli dice “vieni, ti porto a conoscere tuo fratello”. Una scena che in realtà si svolse più tardi, negli anni Settanta. Piero non ha mai incontrato Dino. Avrebbero avuto un futuro insieme in azienda probabilmente se la distrofia non avesse portato via il primogenito di Ferrari. (https://topspeedblog.it/dino-ferrari-oggi-compirebbe-90-anni/).

Le immagini di corsa sono spettacolari. Le repliche delle auto perfette. Il sound addirittura straordinario da far tremare le sedie. Gli scenari in Emilia, Abruzzo, sull’Appennino davvero belli. Si vive la Mille Miglia come, ovviamente, non si era mai vissuta prima. Sono cruenti anche le immagini dell’incidente fatale a Castellotti (https://topspeedblog.it/castellotti-il-pilota-playboy-dal-cuore-grande-come-la-sua-lodi/) e di quello tragico di De Portago con 9 vittimi (tra cui 5 bambini) a Guidizzolo. Quelle immagini sono davvero forti. Forse troppo se a vederle dovesse esserci un bambino.

E’ la Mille Miglia della grande sfida alla Maserati di Fangio, Moss, Behra. Una sfida sportiva e per la sopravvivenza delle Case. Ferrari la spunta con Taruffi, la Volpe Argentata, interpretato da Patrick Dempsey che pur di partecipare al film su Ferrari ha accettato una piccola, ma significativa, parte.

Michael Mann, regista candidato all’oscar in quattro occasioni, è un proprietario Ferrari, un innamorato della Casa come ha raccontati a il Venerdì di Repubblica “La prima volta che ho visto una Ferrari era il 1967, avevo 24 anni e studiavo cinema a Londra. Aspettavo di attraversare la strada, sotto la pioggia, e al semaforo arrivò una 275 GTB/4 di colore blu: non avevo mai visto qualcosa che esprimesse al contempo così tanta potenza e bellezza. Era una scultura prodigiosa, una forma proiettata nel futuro. A quel tempo non sapevo nemmeno chi fosse Enzo Ferrari”. Oggi, dopo 20 anni di tira e molla, ci ha fatto un film.

Il mio consiglio: andate al cinema. Piacerà agli appassionati e non solo a loro. Ma al cinema con il grande schermo e il sound lo apprezzerete di più che aspettando di vederlo in tv.

In Italia arriva la prossima settimana. Per ora lo potete vedere solo a Modena e provincia.

Il film è tratto dal libro di Brook Yates “Ferrari the man and the machine“. Per approfondire oltre al calssico Ferrari Rex di Luca Dal Monte vi suggerisco anche il suo Ferrari Presunto Colpevole proprio sull’incidente di De Portago e l’inchiesta che ne seguì (Cairo Editore).

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