Marchionne Ferrari

#Marchionne, l’amore per la #Ferrari, McDonald e Vuitton…

Marchionne Ferrari
Sergio Marchionne (17 giugno 1952-25 luglio 2018)

Sergio Marchionne raccontato da chi lo conosceva benissimo. Proseguo nella lettura della biografia scritta da Tommaso Ebhardt e trovo altri passaggi “ferraristi” interessanti da raccontare. Se volete sapere di più dell’uomo però compratevi il libro edito da Sperling & Kupfer, ne vale davvero la pena perché capirete ancora meglio il vuoto che Marchionne ha lasciato dietro. Il primo giorno di un anno fa la presentazione del suo ultimo piano industriale a Balocco.

Marchionne, figlio di Concezio, maresciallo dei Carabinieri, era un innamorato pazzo della Ferrari e di ciò che rappresentava nel mondo. Ecco qualche estratto del libro che racconta questo suo innamoramento:

“Cosa fa l’uomo col maglione quando si prende un po’ di tempo per sé? Sale su una delle sue Ferrari e fa un giro. Quando torna a casa, in Svizzera, nel fine settimana, si diverte a vagare per le strade di montagna della sua terra adottiva.
«Ci sono le volte in cui prendo una delle mie Ferrari e guido in collina, finisco in uno di quei paesi minuscoli dove ci sono tre case e due bimbi che giocano in giardino. Il rombo del motore li fa bloccare all’istante e si mettono a battere le mani. Scendo per un caffè o le sigarette e loro applaudono. Nessun’altra automobile ti provoca una reazione simile. Ferrari è unica, è un brand sacro, inimitabile. I brand sacri sono peculiari, non rispettano i criteri di valutazione di un’azienda normale.» (…)

«Ferrari produce la stessa reazione che McDonald’s ha sui bambini. Ho due figli, quando il grande aveva due o tre anni, non c’era niente da fare. Se vedeva anche in lontananza i tre archi di McDonald’s dovevamo fermarci. Strillava, gridava, dava di matto fino a che non ci entravamo. Ecco, Ferrari fa qualcosa di simile. Produce una mutazione genetica nelle persone. Non puoi mettere un prezzo a una cosa simile», mi spiega quando gli chiedo quale possa essere il valore del gruppo di Maranello. (…)

La cover del libro

«Ci sono giorni in cui mi chiedo se Ferrari possa valere ben oltre 5 miliardi di euro», mi dice. «So benissimo che potrei metterla in Borsa anche domani e i banchieri vengono ogni giorno a bussare al mio ufficio proponendomi questa o quella ipotesi, ma al momento non c’è nulla di concreto sul mio tavolo.» Valutare Ferrari almeno 5 miliardi di euro significa che da sola la casa di Maranello vale oltre il 60% della capitalizzazione dell’intero gruppo Fiat, incorporando anche la quota in Chrysler. Si fa presto a capire come separando la rossa dal resto dei business si possa estrarre molto valore per gli azionisti. Quella valutazione sembra la classica sparata «marchionnesca» da «distorsione della realtà» e, invece, la storia dimostrerà che sul valore di Ferrari Sergio ci ha visto giusto fin dall’inizio. (…)

Che tra i due (Marchionne e Montezemolo ndr) non scorra buon sangue si capisce a Auburn Hills il 6 maggio 2014, alla presentazione del primo piano quinquennale di Fiat Chrysler. Quando arriva il momento di annunciare la strategia Ferrari, tutti si aspettano le parole di Luca Cordero di Montezemolo, riconfermato da poco numero uno del cavallino per altri tre anni. Invece sul palco sale a sorpresa Sergio Marchionne, che ringrazia Montezemolo per il suo «straordinario lavoro». Di Luca nessuna traccia. Nella sua presentazione, SM conferma la strategia di mantenere bloccata la produzione a settemila vetture all’anno e dichiara che non ha intenzione di mettere Ferrari in vendita. Non sta dicendo tutta la verità. Si lascia deliberatamente sfuggire i suoi piani nel finale dell’intervento, quando affronta il tema della valutazione. «Gli analisti stimano che la rossa possa valere tra i 3 e i 5 miliardi di euro», dice Marchionne. «Be’, ora vi dico come la vedo io.» sergio’s view scrive nella slide di presentazione. Ed espone il suo pensiero.
«Innanzitutto la decisione di mantenere ferma la produzione a settemila supercar all’anno è ‘premeditata’ e ‘intenzionale’, nessuno ci vieta di cambiarla. Siccome il numero delle persone con il potere d’acquisto necessario per potersi permettere una Ferrari – i cosiddetti High Net Worth Individuals o HNWI, individui che possiedono un patrimonio netto di oltre un milione di dollari, escluso il valore della propria abitazione – è in costante aumento, specialmente nei mercati emergenti e in quelli non tradizionali, potremmo aumentare la produzione fino a diecimila vetture all’anno senza mettere in alcun modo a rischio l’esclusività dei nostri prodotti, ampliandoci in mercati dove non siamo presenti. Se vendiamo diecimila supercar all’anno, allora siamo in grado di generare oltre un miliardo di euro in profitti operativi. Ferrari non deve essere valutata alla pari delle altre case automobilistiche, ma come un produttore di beni di lusso, vedi Hermès, Gucci, Louis Vuitton. Queste aziende valgono dalle nove alle dodici volte i profitti operativi attesi… quindi…»
Marchionne si ferma qui. Subito prima di dire che Ferrari, usando i criteri applicati alle aziende del lusso, può valere almeno 10 miliardi di euro, ovvero da sola quanto l’intera capitalizzazione di Fiat in Borsa. Sembra l’ennesima «marchionnata». Avrà ragione lui… (…)

«Ferrari è un pezzo unico tra gli animali che hanno quattro ruote di gomma e uno sterzo», dice in un’intervista congiunta col mio collega Matt Miller. «Questa non è un’automobile, è un pezzo d’arte e di tecnologia, propriamente esclusivo, non esiste niente di equivalente nel mondo. Sarebbe stato un peccato tenerlo nascosto in un produttore di auto di massa, il business model è diverso, era giusto farne emergere il valore per i nostri azionisti e che beneficiassero della sua valutazione», racconta nel suo tradizionale maglione nero. Conti alla mano, Marchionne ha compiuto un miracolo finanziario. Ha preso una Fiat sostanzialmente fallita che valeva in Borsa poco più di 5 miliardi di euro. L’ha fusa con Chrysler, e la casa americana ha permesso a quella italiana di sopravvivere durante la maggiore crisi economica del dopoguerra. Ha separato le attività industriali fondendole in CNH Industrial e, ora, ha fatto emergere tutto il valore di Ferrari. All’inizio del 2016, quando il processo viene completato con la
distribuzione dell’80% di Ferrari agli azionisti (il rimanente 10% è di
Piero Ferrari), e la seconda quotazione in Borsa a Milano, la rossa di
Maranello vale 8,5 miliardi di euro. Fiat capitalizza quel giorno 10 miliardi di euro. (…)

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

4 commenti

  1. Non riuscirò mai a stimare quest’uomo… anche perchè gli archi di Mc Donald’s sono due e non tre. Per me rimane sempre quello che ha venduto la Fiat all’estero e a me non importa assolutamente nulla di ciò, perchè non ho mai acquistato Fiat, AR o altro di italiano, però mi dà fastidio lo si dipinga come un santo.

    1. Un santo no, ma l’uomo che ha salvato la Fiat si

      1. mi sà che la Fiat l’ha salvata più e più volte lo stato iatliano e che poi il nostro eroe si sia solo limitato a monetizzare.

  2. […] Un evergreen di questo 2019 resta il Marchionne di Tommaso Ebhardt che vi ho già ampiamente raccontato… ecco uno dei post https://topspeed.blog/marchionne-lamore-per-la-ferrari-mcdonald-e-vuitton/ […]

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