Andrea Stella e Mattia Binotto non sono saliti sul podio di Silverstone, ma è come se ci fossero stati. Anche se tutti e due mettono sempre la squadra prima del singolo, in quel podio c’è anche tanto del loro lavoro e della loro storia che arriva dagli stessi luoghi dove oggi troppo spesso capita di sentire un uomo che si mette davanti alla squadra dando le colpe ad altri.
Stella e Binotto sono figli della Ferrari, di quella che sapeva vincere e ha prodotto team principal a ripetizione dopo averli espulsi da Maranello. Aldo Costa in Mercedes, Stefano Domenicali a Liberty Media, James Allison, anche lui in Mercedes e ora anche Laurent Mekies in Red Bull (ricordate come finì con Vasseur): ce ne sono di ex ferraristi che hanno fatto carriera in Formula 1 o altrove (Maurizio Arrivabene alla Juve, Marco Mattiacci in Aston Martin, Jean Todt alla Fia). Ma il podio di Silverstone con le due McLaren di Andrea Stella e la “Binotta” di Hulkenberg davanti alla Ferrari di Hamilton, ha avuto un sapore particolare in giorni in cui si sta discutendo il futuro di Fred Vasseur.
Andrea Stella e Mattia Binotto hanno nel loro bagaglio la vita passata a Maranello dove il team principal della Sauber, futura Audi, è arrivato anche al vertice della piramide. Hanno costruito lì la loro professionalità, hanno imparato come si gestisce una squadra di Formula 1, come si scelgono gli ingegneri migliori, come si gestiscono i piloti. Il che significa che la Ferrari funziona come scuola d’eccellenza, o almeno funzionava quando all’epoca Montezemolo si andavano a pescare in giro i migliori talenti in arrivo dall’università e li si faceva crescere di fianco ai santoni del mestiere, come sono stati i vari Ross Brawn, Rory Byrne, Jean Todt e compagnia. Lavorare con i migliori in circolazione fa crescere tutti, oltre che vincere. Per questo portarsi a casa Adrian Newey avrebbe avuto una doppia valenza, avrebbe disegnato una monoposto vincente e avrebbe creato una scuola. Ma ormai è inutile parlare degli errori fatti. Meglio preoccuparsi di non farne di nuovi.
Andrea Stella se ne andò alla McLaren per seguire Alonso di cui era stato ingegnere di pista e là ha fatto carriera. Mattia Binotto è arrivato in Sauber chiamato dall’Audi lo scorso anno. Il tempo di guardarsi attorno e quest’anno improvvisamente il team è rifiorito facendo in metà stagione più punti della somma di quelli ottenuti negli ultimi due anni (41 contro 20) e il tutto senza cambiare la struttura, ma solo i piloti (da Zhou e Bottas a Hulkenberg e Bortoleto). A dimostrazione che con un’organizzazione migliore e diversa si possono ottenere dei buoni risultati. Resterebbe da aggiungere che la vecchia Sauber era la squadra di Fred Vasseur, ma sarebbe un po’ come infierire sull’uomo più chiacchierato del momento.

