Alesi i 60 anni di uno dei ferraristi più amati

Buon compleannno Jean. Sono Sessanta, ma lo spirito resta quello del ragazzino che ho conosciuto quando è sbarcato nel mondo della Formula 1. Un ragazzo che è subito riuscito a mettersi in mostra con la Tyrrell e poi con la Ferrari si è fatto amare come pochi altri.

La sua unica vittoria in Rosso risale proprio al giorno del suo compleanno. Era l’11 giugno del 1995, quando vinse davanti alle Jordan di Barrichello e Irvine un gran premio decisamente caotico che lo vide protagonista fin dal via (era quinto) per poi approfittare di un guaio all’elettronica della Benetton di Schumacher. “Nel momento in cui ho visto ‘P1’, sono scoppiato a piangere”, ricorda Jean che una voota tagliato il traguiardo rimase poi senza benzina e si fece dare un passato ai box a cavalcioni sulla Benetton di Schumi. (La cronaca di quella gara)

ecco il mio ritratto (da La Ferrari in 50 ritratti)

Chiamatelo Giovannino perché Jean è nato ad Avignone, nella città dei Papi, ma ha sangue siciliano nelle vene. Mamma Francesca veniva da Riesi e papà Franco faceva il carrozziere ad Alcamo, mestiere che poi ha continuato a fare in Francia dove oggi suo figlio produce un buon vino. Di quella terra magica che è la Sicilia, Giovannino si è sempre portato dietro la passione e il fuoco.

Parla con un affascinante accento francese, ma la Sicilia gli è rimasta dentro anche quando ha messo su famiglia con Kumiko, un’incantevole ragazza giapponese che lo fa fatto diventare padre di Helena, Giuliano (pilota anche lui) e John dopo che si era spezzato il primo matrimonio da cui aveva avuto Charlotte. “Mia figlia si chiudeva in camera per chattare con i suoi amici. Io dicevo lascia aperta la porta, lascia aperta la porta… Lei chiudeva. E che cosa ho fatto? Ho smontato la porta della camera”. Un episodio che lo racconta bene.

Alesi è arrivato in Ferrari nel momento sbagliato, qualche anno dopo e la sua storia sarebbe stata decisamente diversa. Eppure la casa di Maranello aveva pure pagato caro la Williams per averlo (con la monoposto con cui Prost vinse la centesima gara della Casa di Maranello), senza però riuscire poi a dargli una macchina vincente. Quella del 1992, con Jean e Ivan Capelli alla guida, è stata una delle peggiori monoposto della storia ferrarista. Alla fine ha vinto solo uno dei 201 Gran premi che ha corso tra il 1989 e il 2001, gli è capitato in Canada sulla pista dedicata a Gilles di cui portava in pista il mitico 27 (ultimo ferrarista ad averlo avuto), nel giorno del suo 31esimo compleanno.

Per farsi amare dai tifosi ferraristi non ha avuto bisogno di scrivere altre volte il suo nome nell’albo d’oro delle gare del mondiale. La gente lo ha amato per la sua generosità, la sua spontaneità, la sua sincerità. Era innamorato della Ferrari e lo è rimasto anche quando ha dovuto cambiare squadra dopo 79 gare in 5 stagioni vissute con la tuta rossa e il Cavallino sul cuore.

È stato vicinissimo a vincere a Monza e sarebbero stati giorni indimenticabili. La sua foga lo ha portato a commettere qualche errore, ma per la sua generosità e il suo talento, avrebbe meritato di avere un po’ di fortuna in più. Una qualità che non lo ha mai accompagnato.

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Ventinove anni fa alla Ferrari era andata meglio. Quell’11 luglio in Canada vinse Jean Alesi che festeggiava il suo compleanno. Oggi ne fa sessanta e gli sarebbe piaciuto brindare con uno dei suoi vini a un’altra vittoria Ferrari. Giovannino, passaporto francese, ma sangue siciliano, è ancora uno dei piloti più amati dai tifosi ferraristi e lui, ovviamente ricambia. Ha la Ferrari nel cuore e Leclerc gli piace davvero, tanto da averlo definito addirittura “uno dei piloti più forti degli ultimi trent’anni”.

Jean e Charles in fin dei conti arrivano da due città che sono più vicine della distanza coperta in un gran premio. Avignone e Monte Carlo sono a poco più di 280 chilometri, una è la città dei papi, l’altra quella dei paperoni. L’italiano è la loro seconda lingua, ma spesso la parlano più del francese, la Ferrari è il loro sogno di bambini diventato realtà. Jean ci era arrivato nel momento sbagliato, con la Scuderia in crisi che si stava ricostruendo attorno a Montezemolo e Todt, Charles ha percorso una strada molto simile, anche se ha già raccolto molto di più approfittando delle volte in cui ha avuto un’auto all’altezza.

Per tanto tempo si è detto che Leclerc si stava alesizzando, incartandosi in una Scuderia in crisi. Ha avuto anche delle giornate sfortunate che ricordavano molto quelle di Jean all’inizio degli anni Novanta. Ma adesso la Ferrari sembra avviata verso la fine del buio, anche se la luce accesa a Monte Carlo si è improvvisamente spenta a Montreal. Ecco quello canadese è stato un weekend in perfetto Alesi style con la macchina inguidabile e un guaio dietro l’altro. Il tutto preceduto da dichiarazioni piene di fiducia e speranza, esattamente come faceva Jean.

Quella di 29 anni fa rimase l’unica vittoria di Jean in Rosso. La speranza è che questo Gran premio del Canada possa essere l’unica gara a zero punti di Charles quest’anno. “Lo scorso weekend era stato difficile per Red Bull, mentre questo lo è stato per noi – ha spiegato Vasseur -. Siamo in tre-quattro squadre in un decimo. Con 16 gare ancora da disputare però è come avere una stagione intera di vent’anni fa. Abbiamo ancora un intero campionato e avremo dei weekend positivi e altri più difficili. La cosa più importante è mantenere lo stesso approccio e continuare a sviluppare l’auto. Non si è campioni del mondo dopo una gara così come non si è battuti dopo un’altra. Torneremo più forti in Spagna”. Un augurio, una speranza più che una certezza per ora. Auguri. A Jean e alla Ferrari.

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

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