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#Briatore: #Alonso è come un rottweiler, non molla mai. Fernando: oggi sono tutti robot

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Fernando Alonso e Flavio Briatore sono attivissimi sui social in questo periodo di quarantena. Alonso ha anche donato 300 mila mascherine e 4 mila paia di guanti all’Unicef. Briatire è sceso nell’arena politica e sta dando battaglia al governo con post, inerviste tv, attacchi a 360°. Nei giorni scorsi si sono incontrati sui social di Fernando per parlare di Formula 1…

Un botta e risposta interessante, anche se si sono tenuti lontano da argomenti scottanti come il Singapore Gate o le tante scelte sbagliate di Fernando negli anni. L’impressione è che se avesse ascoltato di più Flavio forse la sua vita in Ferrari sarebbe stata più lunga e magari adesso non sarebbe alla finestra.

Su una cosa concordo pienamente con Briatore: quando racconta che Fernando è sempre stato un rottweiler, quei cani che ti mangiano le caviglie e non mollano mai… Alonso in gara era proprio così, molto simile al grande Schumi nell’azzannare avversari e doppiati. In qualifica gli mancava la stessa grinta, la stessa determinazone e spesso ha dovuto rincorrere trovandosi nei guai alla prima curva…

Fernando esagera un po’ quando dice che oggi i piloti sono dei computer. Non tutti. Hamilton lo è di sicuro, i baby che si stanno affacciando come Verstappen, Leclerc, Norris neppure.

Alonso: “Flavio è stato la persona che mi aiutato di più nella mia carriera sportiva – è stata l’introduzione di Alonso – e con questa chiacchierata voglio anche rendere omaggio al popolo italiano che sta attraversando un periodo molto difficile”.

Alonso: “Ho capito che era il… grande Boss …Ricordi quando ci siamo incontrati per la prima volta?”.
Briatore: “Non avevi la barba! Eri un bambino”.

Alonso: “Lo ricordo bene molto bene, ci siamo visti per la prima volta è stato a casa tua a Londra, era il 2000 e all’epoca correvo in Formula 3000, sono venuto a trovarti insieme ad Adrian Campos. Mi hai subito detto che mi potevi aiutare ad entrare in Formula 1 tramite la Minardi, e successivamente avrei avuto l’opportunità di passare in Renault. Allora ti ho detto che ci avrei pensato, e hai replicato subito: ‘Ma guarda che non c’è niente a cui devi pensare, o accetti questa proposta o non andrai mai in Formula 1!’… e li ho capito chi era il grande Boss! Poi tutto è andato tutto come avevi detto”.

Briatore: “La gente deve sapere che tu hai fatto scoprire la Formula 1 alla Spagna. Ricordo la fatica che avevo inizialmente fatto per vendere i diritti televisivi, non li voleva nessuno. Io provavo a convincerli che stava arrivando un campione, Fernando Alonso, ma non gliene fregava niente. Poi, dopo poco tempo, si sono resi conto…”


Alonso: “Ricordi il Gran Premio di Spagna nel 2006
Briatore: “Abbiamo avuto… culo, perché i colori delle Asturie erano uguali a quelli della Renault! Ricordo che a Barcellona quell’anno abbiamo venduto 80.000 cappellini e vedere il circuito di Catalunya tutto dello stesso colore era stato un colpo d’occhio fantastico. E abbiamo anche vinto!”.
Alonso: “Ricordo bene che per arrivare in pista sulla strada che si percorre da Montmelò c’erano ai lati due serpentoni di pubblico, tutte persone vestite e con bandiere dei nostri colori”.
Briatore: “Eravamo tutti emozionati, dopo la gara c’era anche il Re Juan Carlos che piangeva. Abbiamo vinto tanto insieme, ma vincere a casa tua, considerando che 3 anni prima la Spagna non sapeva neanche che esistesse la Formula 1, beh, vincere così è stato per me molto speciale, ma credo anche per te e per gli spettatori che quel giorno erano in pista ad assistere alla gara”.

Briatore: “Abbiamo avuto una avventura professionale molto bella, ci siamo sempre parlati apertamente ed abbiamo avuto successo perché abbiamo sempre dato tutto. Sei sempre stato un ‘rottweiler’, quei cani che ti mangiano le caviglie, non molli mai. Quando eri dodicesimo volevi arrivare decimo, se eri decimo volevi arrivare ottavo e questo motivava tutto il team”.
Alonso: “Eravamo un bel gruppo, molto unito, avevi creato un bell’ambiente, dai piloti, ai tecnici, ai fisio fino al catering. Andavamo in giro insieme, ricordo il camp in Kenya tutti insieme, cose che adesso dicono di fare ma che poi non fanno…”.

Briatore: “Adesso la F1 è diventata troppo ‘corporate’, per noi la singola persona era il centro di tutto, ricordi che nei meeting eravamo tutti insieme, adesso hanno tutti li seduti con le cuffie e poi le cazzate le fanno lo stesso”.
Alonso: “Mi sembrano robot, tutti uguali, tutto computer e simulazione…”.
Briatore: “Poi però mancano gli aspetti umani, noi abbiamo vinto tante gare senza avere la macchina migliore per come guidavi e per le strategie. Abbiamo avuto una macchina migliore solo una metà stagione”.

Briatore: “Questa la devo raccontare. Siamo in Brasile, era il 2004, prima del via pioveva molto, ma ad un certo punto ho visto che il meteo indicava un miglioramento e a Interlagos quando esce il sole cambia tutto rapidamente. Allora dico a Pat Symonds di montare le gomme da asciutto, e tu eri già schierato sulla griglia di partenza. Non te lo abbiamo detto altrimenti avresti iniziato a discutere.
Alonso: “Si, sarei uscito dalla macchina e me ne sarei andato…”.
Briatore: “Poi un secondo prima di togliere le termocoperte ricordo benissimo l’espressione che hai fatto quando ti abbiamo detto che saresti partito con le slick… hai aperto gli occhi come due… uova”.
Alonso: “Vi ho chiesto chi altro sarebbe partito col le gomme da asciutto, e mi avete detto in modo evasivo… sì, ci sono degli altri… e quando ho chiesto ancora mi sono sentito dire: uno solo, il tuo compagno di squadra”.
Briatore: “Però poi…”.
Alonso: “Partivo sesto, al primo giro ero ventesimo, ultimo, una fatica tremenda. Ma già al secondo ero quattordicesimo, al terzo decimo, poi quarto e al quinto in testa”.
Briatore: “Non ce lo aveva detto il computer…era fiuto. Ma anche li, non hai mollato mai, sei rimasto in pista quando era difficile restarci, e quando si è asciugato eravamo in testa”.

Alonso: “Come la vedi ora per i team di Formula 1? Sarà dura visti i problemi attuali?”
Briatore: “Al di fuori di quattro o cinque team, la salute economica delle squadre non è buona. Temo che gli sponsor, non correndosi le ventidue gare previste, pagheranno di meno, credo in proporzione al numero di corse che saranno disputate. Anche per la stessa Formula 1 (Liberty) non sarà facile, ed anche i team non potranno contare sugli stessi ricavi che avevano pianificato di ottenere da chi distribuisce i premi. Sarà difficile, ma hanno fatto bene a fermarsi. In Italia c’è stata una partita Atalanta-Valencia (disputata il 10 marzo) con 45.000 persone arrivate da Bergamo a Milano per assistervi, ed è stato un detonatore. I Gran Premi andavano fermati, poi non so se avrà o meno senso farli ripartire a porte chiuse. In alcuni casi particolari, come ad esempio il Bahrain, non farebbe una grande differenza, a loro interessa il ritorno televisivo, ma Silverstone o Monza senza pubblico sono difficili da immaginare”.

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