#Binotto: la stagione della #Ferrari. Gara per gara…

Mattia Binotto ha analizzato la stagione quasi gara per gara. Ecco il suo lungo discorso alla cena natalizia della Ferrari:

L’illusione di Barcellona

“Iniziamo dal ripercorrere la nostra stagione dal punto di vista della prestazione. Quando siamo arrivati ai test a Barcellona, specialmente nella prima settimana, i riscontri delle vetture erano sicuramente molto positivi, una macchina bilanciata, con tanto grip, posteriore molto stabile e, confrontandoci anche con i nostri avversari, sicuramente in quella prima settimana avevamo un discreto vantaggio competitivo, che noi avevamo stimato di mezzo secondo. Il che ci ha dato molta fiducia come squadra, come piloti. Credo che i nostri piloti per primi uscivano sorridenti dalla vettura e non hanno mancato di fare dichiarazioni di apprezzamento per quel che era la prestazione. Quindi credo che, da un punto di vista delle nostre aspettative, in quella settimana sono cresciute molto, convinti di potercela giocare fino in fondo nella stagione 2019”.

Mezzo secondo di vantaggio

“Nella seconda settimana dei test, Mercedes ha portato parecchi sviluppi. Noi in realtà siamo rimasti quasi stabili nella nostra vettura, perché il nostro sforzo era di portare già alla prima settimana il pacchetto con cui pio avremmo iniziato la stagione. Nella seconda e ultima parte dei test, tutti i team hanno iniziato a provare condizioni più simili alla qualifica, quindi togliendo benzina, gomme più morbide, settaggi motore più spinti. In quel momento avevamo fatto un tempo praticamente identico a quello che poi Lewis ha fatto anche lui con la Mercedes. Però, anche se lui aveva avvicinato o fatto il nostro stesso tempo, l’impressione positiva della prima settimana era comunque rimasta. Magari non più il mezzo secondo di vantaggio, però convinti di avere una macchina competitiva e stabile con un buon bilancio. Le condizioni di Barcellona sono sicuramente condizioni molto particolari, un asfalto nuovo, temperature ambienti molto fredde per quella stagione. Però è così che noi abbiamo iniziato, convinti di andare in Australia e poter in qualche modo giocarcela per la pole e la vittoria”.

La doccia fredda in Australia

” Arrivati in Australia, devo dire che c’è stata subito una doccia fredda. La nostra prestazione non era all’altezza. Poi, se confrontata agli altri team, credo che rispetto a quasi tutti gli altri, eccetto Mercedes, ci siamo ritrovati dove dovevamo essere. Chi ha fatto il vero passo in avanti è stato Mercedes, che forse non avevamo visto completamente in quell’ultima settimana di test per il pacchetto portato e anche perché loro, banalmente, hanno messo insieme più di un elemento arrivando in Australia. Noi in Australia non eravamo nemmeno al nostro top per scelte di cooling, conservativi forse fin troppo. Sapevamo di aver lasciato comunque parte della prestazione su scelte nostre o configurazioni vettura. Però la prima doccia fredda ce la siamo presi in Australia”.

Traditi dall’affidabilità in Bahrein

“Nella gara subito dopo in Bahrein, invece la prestazione si è capovolta. Abbiamo fatto la pole. Se non fosse per un problema di affidabilità, vinceva Charles. Era in testa a pochi giri dalla fine. Seb, a meno di un errore, anche lui aveva una vettura competitiva e quant’altro. Quindi uno arriva in Australia, doccia fredda; nella gara subito dopo ritrova l’equilibrio che si aspettava; siamo tornati forse alla normalità; una normalità che in realtà nelle gare successive poi non è stata”

Toccato il fondo in Spagna

“E credo che abbiamo toccato il fondo in Spagna, alla quinta gara, con sessanta secondi di distacco a fine gara da chi ha vinto. Perché ho raccontato questo?
1) Per dire che credo non abbiamo mai capito in fondo cos’è capitato da Barcellona alla prima gara, se non per quel che erano le condizioni specifiche del momento;
2) perché ci abbiamo impiegato troppo tempo, quindi come nostro errore, a capire che in realtà la prestazione non era sufficiente, e quindi cercare in qualche modo di reagire.

Il primo grande errore

“Che poi, quando uno dice “reagire”, non è che si mette a lavorare di più, perché si lavora sempre tanto, ma cercare perlomeno di capire quali erano le aree di debolezza, cosa non funzionava e dove in qualche modo concentrare e indirizzare gli sforzi. E credo che questo è stato il primo errore importante di quest’anno: aver impiegato troppo a realizzare la debolezza del nostro progetto e in qualche modo cercare poi di indirizzarlo. Le gomme di cui si è parlato tanto hanno avuto un loro ruolo, secondario, ma hanno avuto un loro ruolo. Le gomme dell’anno scorso, con battistrada più grande, avevano forse anche più grip. Quindi uno compensava la mancanza di carico aerodinamico con una gomma che magari in quel momento dava la parte di grip lei stessa. Quindi è per quello che noi ci siamo attaccati alle gomme, non per attaccare Pirelli, perché non abbiamo mai criticato Pirelli, ma perché sicuramente una gomma di tipologia diversa poteva aiutare maggiormente quel che era il nostro progetto in quel momento.

Squadra sempre unita

Credo che la parte positiva è che, di fronte a queste difficoltà, non scontate e non banali… vi assicuro, è stata una prima parte di stagione molto difficile anche dal punto di vista della pressione e poi perché le aspettative, per quel che sono state le stagioni passate e per quel che abbiamo visto a Barcellona durante i test, le aspettative nostre e anche esterne erano elevatissime. Quando uno poi si trova di fronte a una prima parte di stagione non positiva, è chiaro che il livello di pressione a livello di stress, ma anche interna, non solo esterna, è elevato. Invece credo che la parte positiva è aver visto una squadra che è rimasta unita, che ha saputo lavorare bene in quel frangente, che ha saputo reagire, che ha saputo individuare le debolezze e in qualche modo ripresentarsi, dopo la pausa estiva, con un prodotto migliorato. Forse non ancora all’altezza degli avversari, però migliorato.

La reazione a Spa, Monza e Singapore

Credo che la seconda parte della stagione sia iniziata bene, innanzitutto perché le due prime gare, Belgio e Monza, si adattavano a quel che era il progetto della nostra vettura, una vettura magari con meno carico aerodinamico quando si tratta di girare su piste come Barcellona e Ungheria, dove serve il massimo carico, ma che faceva dei rettilinei il punto forte. Quindi Belgio e Monza è iniziato così. Poi a Singapore invece abbiamo portato quel che è stato per noi il pacchetto più importante della stagione, un pacchetto aerodinamico nuovo, che non solo migliorava quel che era il carico verticale, ma migliorava anche quelle che noi chiamiamo le mappe aerodinamiche per togliere quei difetti di sottosterzo, abbinato a un altro assetto che avevamo a metà curva. I difetti che avevamo ad inizio stagione erano di instabilità in frenata sul posteriore e di sottosterzo a metà curva, tutti difetti che durante i test invernali non avevamo percepito, per le condizioni varie che dicevo. Quindi abbiamo lavorato su quello, portando carico, lavorando sull’assetto, ma lavorando appunto sulle mappe aerodinamiche.

Ancora da capire che cosa è successo dopo Barcellona

E credo che, tutto sommato, la seconda parte della stagione ha visto una Ferrari cresciuta. Cresciuta non ancora abbastanza, perché, se uno guarda le percorrenze in curva nella prima parte della stagione, pagavamo rispetto ai migliori circa sei decimi mediamente, nella seconda parte della stagione siamo arrivati a pagare un paio di decimi, poi compensando con il vantaggio sul rettilineo. Però la squadra ha saputo indirizzare e in qualche modo ridurre quel che era questo svantaggio. Questo da un punto di vista prestazionale. Credo che non devo ammettere quel che è successo dopo Barcellona, perché a Barcellona non abbiamo subito percepito queste lacune e credo che ancora non ce lo stiamo spiegando. Ma credo che, come non ce lo spieghiamo noi, non se lo stanno spiegando neanche gli altri, a dimostrazione di quanto poi, tutto sommato, l’esercizio non è banale.

Dodici millesimi tra i due progetti

Ne parlavo prima con uno di voi: sono vetture molto diverse l’una dall’altra, però poi uno guarda ad Austin: sono 12 millesimi di secondo in qualifica di differenza. Quindi progetti molto diversi, vetture molto complesse, power unit complesse di loro, ma la vettura ha prestazioni elevate, per poi arrivare con due progetti separati a 12 millesimi di differenza. Quindi a volte uno dice che un progetto è sbagliato, ma non stiamo parlando di secondi, stiamo parlando di differenze di poco tempo sul giro, però differenze che fanno sì che una macchina sia migliore e l’altra non lo sia. Però, così come credo che noi non abbiamo capito il dopo Barcellona, nemmeno gli altri (lo dico in modo sincero per aver parlato con loro e per aver visto le loro facce durante i test) quello che è capitato successivamente.

Tanti errori di squadra

Credo che quest’anno invece quel che abbiamo fatto è commettere tanti errori come squadra. Quando dico “come squadra”, è a tutto tondo. Strategie a volte. Mi viene in mente sicuramente Monaco, la qualifica di Charles. Squadra e meccanici al pit stop. Più di un pit stop che è durato più di 6 secondi. Questo non dev’essere il livello che ci aspettiamo da una Ferrari. A volte la strategia. Errori di guida. Poi vettura, vettura per affidabilità. Ancora oggi c’è la delusione che brucia di un Bahrein piuttosto che di una Russia, ma non solo. Penso ai problemi di affidabilità in gara e anche ai problemi che abbiamo avuto in qualifica, che abbiamo pagato caro, come può essere Austria e Germania, che erano tutte gare dove la nostra vettura sicuramente aveva un potenziale di vittoria e in qualche modo averlo già compromesso per dei problemi di affidabilità vari e diversi in qualifica.

Anche i piloti hanno sbagliato

E quest’anno si è visto e mostrato che per vincere bisogna essere perfetti su tutti i fronti, che sia la guida dei piloti… perché anche loro hanno commesso più di un errore quest’anno, partendo da Charles a Baku in qualifica, una qualifica che sicuramente poteva essere molto positiva per lui. Poi senza togliere nulla alla sua giovinezza e tutto quel che ha fatto di positivo. Errori come possono essere quelli più evidenti a tutti, del Brasile, ma anche la partenza in Giappone, entrambi quando uno è in prima fila. Tutto sommato, compromette anche l’opportunità di vittoria, la partenza stessa. A Monza, Sebastian in gara. Ce n’è più di uno. Però quest’anno si è mostrato che per vincere bisogna essere perfetti su tutti i fronti e le poche gare che abbiamo vinto, tre, le abbiamo vinte quando siamo stati perfetti su tutti i fronti, che sia la prestazione, l’affidabilità, la guida, la squadra, il pit stop, le strategie e quant’altro.

Mai avversari così forti in 25 anni

Questo mostra il livello di competizione e di quanto sono forti i nostri avversari. Io non ricordo, in questi miei venticinque anni di Formula 1, aver mai avuto avversari così forti, più di uno. Però questo è anche il nostro stimolo a migliorarci e a far bene. Però mostra che in realtà, se c’è da lavorare, non c’è un solo fronte. Non si può dire che è solo un tema aerodinamico, ma bisogna essere forti su tutti i fronti. Quindi, di carne al fuoco o di lavoro da fare, ce n’è tanto. Prendiamo per esempio il pit stop: non credo che sia un problema del singolo meccanico; è proprio un livello di comune approccio all’esercizio, la metodologia d’allenamento. Mi piace paragonarlo anche a una squadra di calcio: non si tratta di allenarsi facendo una partitella ogni tanto e poi uno entra per la partita, ma bisogna analizzare i dati, confrontarsi, guardare gli schemi, applicarsi, ripeterli. Insomma, dietro c’è tanto lavoro di metodologia. Questo è vero su tutti i fronti. Questo da un punto di vista di stagione nostra.

Molto lavoro da fare

Abbiamo finito la stagione in cui Mercedes ha vinto ad Abu Dhabi e l’ha vinto in modo netto, facendo la pole, vincendo in gara con una discreta facilità in una pista che sicuramente si adatta molto bene alla loro vettura, però ancora una volta si è mostrato quanto sono avanti come prestazioni in generale e quanto ancora c’è del lavoro da fare. Perché, quando poi uno pensa al 2020, da lì deve partire. Prima ancora di pensare a superare, bisogna pensare a raggiungere per poi fare ancora meglio. E torna il discorso che faceva lui prima: è un tema di stabilità, di pazienza, di investimento. Ogni ciclo vincente (ed è quello a cui sicuramente stiamo guardando) si costruisce anche nel tempo. E credo che abbiamo i talenti, però c’è ancora molto lavoro da fare.

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

2 commenti

  1. Sig. Zapelloni,
    Non so perche’ ma a me viene di essere motivato con questa Ferrari per l’anno prossimo.
    Io non avevo mai sentito auto-colparsi cosi.
    Speriamo bene
    Grazie

    1. L’importante è non sbagliare più

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