La vita straordinaria di Jonny Dumfries, imbianchino, marchese e compagno di Senna

In Italia gli hanno dedicato una breve. Il Times una pagina. Hanno ragione tutti. Johnny Dumfries aveva corso solo 15 gran premi in Formula 1 e vinto una volta a Le Mans. Era più famoso per esser stato il primo compagno di Senna alla Lotus dopo esser stato collaudatore a Maranello. ma la sua storia vale comunque la pena di essere raccontata…

Aveva corso 15 GP in Formula Uno piazzandosi quinto in Ungheria e aveva vinto a Le Mans nel 1988 su una Jaguar, in equipaggio con Andy Wallace e Jan Lammers. Johnny Dumfries era stato autista di camion per Frank Williams e compagno di Ayrton Senna sulla Lotus nel 1986, dopo un anno in Ferrari come collaudatore.

E’ stato un pilota che guidava per puro divertimento, per lasciare un segno e per intascare qualche soldo

Il Times racconta che suo padre, sesto marchese di Bute, aveva un atteggiamento distante rispetto alle scelte di questo figlio ribelle. «Disse che non gli importava quello che facevo fintanto che non andavo da lui a chiedergli dei soldi», ricordava Dumfries, che mise da parte dei risparmi per comprare la sua prima auto e farsi strada dalla Formula Ford alla Formula Tre. Aveva ereditato un antico palazzo gotico vittoriano dalla famiglia insieme alla Dumfries House del XVIII secolo nel sud-ovest della Scozia. Ma preferiva vivere a Ladbroke Grove, a ovest di Londra.

Era nato in ospedale sull’isola di Bute nel 1958, terzo di quattro figli del marchese, il più eminente cattolico scozzese. Il marchesato ricorda il Times, era stato creato nel 1794 per il quarto conte di Bute, il cui padre, John Stuart, il terzo conte, era stato il primo ministro di Giorgio III per 11 mesi (1762-63). Il primo marchese aveva invece servito come ambasciatore in Spagna, il secondo aveva costruito i moli di Cardiff e posseduto tenute di carbone nella regione. Il terzo aveva scandalizzato la società vittoriana convertendosi al cattolicesimo. Il padre del giovane John aveva salutato la nascita di suoi figlio accendendo la luce del faro a Rothesay e servendo birra gratis ai contadini.

Dumfries aveva due sorelle maggiori. Sophia aveva sposato il musicista rock Jimmy Bain, Caroline era morta in un incidente d’auto nel 1984. Il fratello minore, Anthony, è un mercante d’arte a New York. Ebbe come bambinaia Helen Lightbody, ex tata del principe Carlo e della principessa Anna. La faceva impazzire nascondendosi – scrive il Times- dietro gli archi a colonne nella sala di marmo, sotto l’enorme tavolo della sala da pranzo, nella stanza dell’oroscopo con il suo soffitto astrologico, nella biblioteca viola di 12.000 volumi, nel salotto, nello splendore della cappella di famiglia, nella sala fumatori, nella sala biliardo. Suo padre gli insegnò a guidare a 12 anni. «Sono sempre stato molto indipendente – disse Dumfries alla rivista MotorSport – ho lavorato come imbianchino, come decoratore, nei cantieri». Dovette smettere quando alcuni clienti chiamavano i giornali di gossip per vantarsi di avere un aristocratico che gli dipingeva il soffitto. Suo commento: «Che palle».

In un appuntamento combinato al buio, in un pub a Fulham, nel 1982 conobbe Carolyn Waddell, che faceva la baby sitter nel Lincolnshire. Non le disse del titolo e si sposarono che lei era incinta di sette mesi. Nel Norfolk dove andarono a vivere, invitavano la gente a cena. «Ma non tornavano più». Hanno avuto tre figli. Quando morì suo padre, Dumfries sorprese tutti presentandosi al funerale vestito con una polo. Però era nera. Da lui ereditò il titolo e uno scoperto di 12 milioni di sterline. Fu allora che lasciò il nome di Johnny Dumfries, preferendo essere conosciuto come John Bute. «Non è mai cresciuto davvero» ha detto Carolyn al Telegraph. Il giorno prima di San Valentino del 1999, sposò in seconde nozze Serena Wendell, una stilista. All’età di 45 anni si diede alla boxe. L’amore per la vita di Bute – ha scritto il Times – è continuato pericolosamente fino alla fine: poco prima di Natale era una delle sette persone, tra cui una donna di 90 anni, accusate di violazione delle norme sul coronavirus per l’organizzazione di una festa.

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

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