Arthur chiama Charles: la Monaco dei fratelli Leclerc

La Monaco dei fratelli Leclerc. Tre domande ad Arthur per entrare in atmosfera

Sono molti i piloti che vivono a Monte Carlo, ma per te e Charles è davvero la gara di casa visto che siete monegaschi di nascita. Cosa significa questa gara per un Leclerc?
Per noi il Gran Premio di Monaco è un appuntamento importantissimo. Qui siamo nati, qui siamo andati a scuola, e qui vivono i nostri cari. Monte Carlo è una cittadina e il Principato è uno Stato piccolo, ci conosciamo tutti quindi è normale che riceviamo un grande sostegno dalle persone. Anche quest’anno, come ogni anno, la nostra famiglia e gli amici verranno a vedere la gara. Il circuito è a poche centinaia di metri da casa nostra, è sempre bello! Oltre a questi aspetti personali, poi, il Gran Premio di Monaco avviene su un circuito storico, è una delle gare più note al mondo, se non la più famosa in assoluto. Vi si respira un’atmosfera unica, e correre a Monaco da monegasco non fa altro che raddoppiare l’adrenalina! L’anno scorso ho corso qui in Formula 2, e anche se il mio weekend non è stato dei migliori è stato molto speciale correre nella mia città natale insieme a Charles.

Il circuito è pieno di punti ciechi ma per essere competitivi, qui, è necessario sfiorare le barriere spingendosi al limite, il che significa prendere grandi rischi. Cosa serve per essere veloci a Monaco?
Il Gran Premio di Monaco è speciale non soltanto per il glamour e la grande storia che lo caratterizzano, ma anche perché è un circuito molto particolare che si snoda per le stradine tortuose della città. Essere veloci qui significa essere incredibilmente precisi. Lo si capisce se si guarda una sessione di qualifica in slow-motion: si vede distintamente che le monoposto sfiorano i muretti. Per raggiungere questo livello di precisione e continuare ad essere rapidi, è molto importante sentirsi a proprio agio in macchina. Per raggiungere quella confidenza e portare la macchina al limite bisogna sfruttare al meglio ogni minuto di ciascuna sessione. In definitiva, è il lavoro di preparazione che fa la differenza tra un pilota che riesce a spingere al massimo in qualifica da uno che non riesce a tenere il ritmo per paura di sbagliare

Quest’anno sei uno dei development driver della Scuderia e hai avuto l’opportunità di guidare una monoposto di Formula 1, niente meno che una Ferrari! Ci racconti quest’esperienza?
Quest’anno grazie al ruolo di development driver ho la chance di supportare il team sia nello sviluppo della monoposto che nella preparazione delle gare. Di norma il lavoro avviene al simulatore, ma ho avuto anche la possibilità di guidare una monoposto in due occasioni, a gennaio al Circuit de Catalunya-Barcellona, e qualche settimana fa a Fiorano. Pilotare una vettura di Formula 1 è incredibile. Non mi scorderò mai della prima volta, a Barcellona. Ho percepito subito la velocità, già uscendo dal garage. La potenza e la maneggevolezza sono molto diverse, specie se confrontate con le vetture di Formula 2 a cui ero abituato. In qualche modo mi è sembrata più simile alla vettura di Formula 3 in termini di peso, downforce e potenza. Ovviamente tante cose erano nuove per me, ma è stato incredibile poter guidare letteralmente fianco a fianco con Charles, per di più su una Ferrari di Formula 1. Ho realizzato un sogno ed è stata davvero un’esperienza indimenticabile. Non vedo l’ora di rifarlo!

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

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