
Il 12 gennaio (1988) è il giorno dell’addio a Piero Taruffi, la Volpe Argentata, uno dei piloti più veloci dagli anni Trenta ai Cinquanta, tornato d’attualità con l’uscita del film su Ferrari in cui viene interpretato con una certa somiglianza da Patrick Dempsey (nella foto in apertura).
Nel film mio padre è interpretato benissimo e emerge bene il suo rapporto quasi affettuoso con Ferrari
Prisca Taruffi
Taruffi è stato un po’ tutto: ingegnere, collaudatore, pilota e progettista e ha al suo attivo le vittorie in tre classiche dell’epoca: la Targa Florio nel 1952, la Carrera Panamericana nel 1951 e la Mille Miglia nel 1957. Proprio la Mille Miglia del 1957 è quella raccontata nel film holywoodiano (Ferrari un grande film a cui manca solo la parola), un’edizione in cui il suo trionfo passò quasi in secondo piano per la tragedia di Guidizzolo in cui perserò la vita De Portago e nove spettatori.

Ma quella di Taruffi fu una vittoria davvero speciale perchè andava a colmare una lacuna nel suo albo d’oro (l’aveva corsa 13 volte e cinque volte era stato fermato da un guasto mentre era al comando”) e soprattutto perchè gli promise di mantenere una promessa: “Se vinco la Mille Miglia, mi ritiro e mi sposo”, aveva detto, ormai 51enne, ad Enzo Ferrari. Ed alla fine è andata proprio così. E da quel matrimonio è nata Prisca, come lui pilota e molto altro. Lo ha scritto recentemente anche lei nel suo ultimi libro “Doppietta e punta tacco: la mia vita con la Volpe Argentata”, edito da Minerva.
“… C’è chi nasce per un parto naturale, chi per un parto cesareo. Ma nessuno, come me, è nato per un sorpasso, quello che consentì a mio padre di vincere la Mille Miglia, la maratona su strada più famosa del mondo, l’ultima disputata nel 1957…. «Isabella, se vinco la Mille Miglia smetto di correre e mettiamo su famiglia» aveva promesso a mia madre e, come sempre, fu di parola. Ed eccomi qui, nata poco dopo quell’incredibile, storica vittoria. C’è una bella foto in bianco e nero che ritrae mia madre china su papà ancora al posto di guida, mentre gli dà un tenero bacio. Lei è bellissima, lui ha il viso sporco di polvere, olio, benzina e il casco color argento ancora in testa…”.

“Non era solo un pilota, era anche un ingegnere, non lasciava nulla al caso, ma certo questo non avrebbe rappresentato la certezza della vittoria, soprattutto in considerazione del fatto che erano presenti i migliori piloti del momento e le macchine più veloci. Per non appesantire la sua Ferrari aveva deciso di gareggiare senza il navigatore, dato che aveva imparato a memoria tutto il percorso dopo lunghe e minuziose ricognizioni effettuate in compagnia di mia madre. In alcuni tratti le lasciava il volante e lui, sul sedile posteriore, annotava dossi, cunette, curve pericolose, rettilinei dove avrebbe potuto aprire il gas della sua Ferrari per raggiungere la massima velocità. E durante queste ricognizioni capì che proprio lì, in prossimità del passaggio a livello di Piadena, un paesino alle porte di Cremona, 3000 anime che di giorno lavoravano i campi e la sera andavano a dormire presto, ecco proprio lì, a pochi chilometri dal traguardo, avrebbe potuto dare la zampata vincente, la zampata della Volpe Argentata…”.
Una vittoria leggendaria, purtroppo poco celebrata perchè offuscata dalle polemiche nate dopo l’incidente.
Enzo Ferrari nei suoi libri gli ha regalato questo ritratto:
“Piero Taruffi debuttò proprio con un’Alfa della Scuderia Ferrari nel 1931 al circuito di Bolsena. Debuttò
e vinse. Dopo anni e anni di corse e di record, a quest’uomo che si era dedicato con inesausta passione all’agonismo – si era impegnato anche in numerose corse motociclistiche –, a quest’uomo pignolissimo sia nelle sperimentazioni tecniche sia nella preparazione atletica prima di una gara, mancava ancora la vittoria più agognata: quella della Mille Miglia. Taruffi l’aveva inseguita con un accanimento commovente.
Così venne la Mille Miglia del 1957 e lui, su mia proposta, promise alla moglie che se l’avesse vinta avrebbe finalmente piantato le corse.
Decisi che, se avessi potuto, lo avrei aiutato; il destino doveva disporre proprio così. Taruffi fece la sua corsa con grande animo, lottando da pari con ragazzi scatenati quali Peter Collins, Wolfgang von Trips e tanti altri delle nuove leve. Lo attesi a Bologna. La gara, sotto le intemperie, si svolgeva drammatica. Quando arrivò, mi disse che accusava una sensibile stanchezza psichica: la durezza della prova lo aveva affaticato. Inoltre, diceva, la sua macchina non era più brillante come nella prima parte del percorso. Lo
rincuorai: «Lei deve continuare perché può vincere». Lo informai rapidamente, infatti, che Collins era transitato primo assoluto, ma che lamentava difficoltà meccaniche per un guasto al ponte. Lui aveva perciò alle costole soltanto von Trips. Andasse, dunque: con von Trips avrei parlato io. E von Trips, questo nobilissimo giovane, rispettò la consegna: anche quando intravide e raggiunse Taruffi, si astenne dall’ingaggiare con lui una lotta che avrebbe potuto portare all’eliminazione di uno dei due. Così Taruffi, proprio all’ultima delle gloriose Mille Miglia, coronò il suo sogno…”



Caro Umberto grazie per il Bellissimo articolo. Vorrei solo fare un appunto riguardo la MM del ‘57.
Il giovane Von Trips raggiunse e supero’ mio padre il quale aveva deciso di ridurre la velocità a 250km/h causa problemi alla trasmissione. Ma gli rimase in scia fino a quando lo supero’ con una manovra ardita all’ ingresso della esse di Piadena un piccolo paesino a circa 60 km da Brescia. Un sorpasso coraggioso, inaspettato che stava a dimostrare la forte volontà di mio padre dedito alla vittoria. Papa’ alzò il braccio destro come per dire: “ adesso mi devi stare dietro….” E così fu: il giovane compagno di squadra anche lui Ferrarista, rinunciò ad ingaggiare una lotta tra compagni di squadra; arrivarono in volata al traguardo. Mio padre non sapeva di aver vinto, non sapeva che Collins che gli era partito davanti si era ritirato per noie meccaniche. Fu Donna Isabella, mia madre, a dargli la bella notizia!
Grazie Prisca per la correzione