Titoloni sul caso Red Bull. Era scontato ed è anche giusto così perché la Formula 1 ha fatto una figuraccia. La morale di tutto questo a parer mio è semplice: la regola sul budget cap dovrebbe essere semplicemente cancellata perché abbiamo avuto la dimostrazione che controllare le spese dei team è quasi impossibile a meno che non si creda alle favole di Horner o di Marko arrivato a dire che la spesa supplementare è stata fatta per permettere le cure al cuore malato di un dipendente.
La Red Bull non ha vinto il mondiale 2021 perché ha speso di più, lo ha vinto perché Masi ha cambiato le regole in corsa. La Red Bull ha dominato il mondiale 2022 perché Adrian Newey è sempre il più geniale a interpretare nuove regole. Red Bull però ci spiega di aver sbagliato a fare i conti conti e a qui non ci crede nessuno. Perché accettare le spiegazioni Red Bull e punirla senza una sentenza esemplare autorizzerà chiunque a fare furbate. Allora tanto vale cancellare il budget cap anche perché a una Formula 1 low cost non ci crede nessuno.
La regola del budget cap in Formula 1 assomiglia al financial fairplay del calcio dove comunque ci sono squadre (vedi Psg e City) che continuano a spendere il doppio delle altre. Insomma basta con questo tetto alle spese se poi quando lo si controlla si accettano le peggio spiegazioni, un po’ come credere a Perez che non riesce a tenere il ritmo di una safety car.






La Rassegna Stampa
È molto severo l’intervento di Oliver Brown sul Telegraph. La stampa inglese torna a battere molto sul titolo del 2021 sfuggito a Lewis Hamilton all’ultimo GP, con l’intervento della safety car deciso dall’ex arbitro Masi. Lo sforamento del budget di Red Bull è un secondo asterisco che si aggiunge al Mondiale di Verstappen, dice il Telegraph.
“Accettando questa sanzione, la Red Bull continuerà a essere accusata di barare. In un campionato deciso all’ultimo giro dell’ultima gara, sanno bene che qualsiasi spesa eccessiva avrebbe potuto fare una differenza significativa. Se poi hai superato il limite del budget di 430 mila sterline, perché accettare una multa di oltre 6 milioni? È comprensibile che la Red Bull abbia optato per un accordo consensuale, l’equivalente in Formula 1 di una transazione extragiudiziale, dato che ulteriori indagini minacciavano di privare Max Verstappen del suo titolo. Ma accettare una sanzione pecuniaria 14 volte maggiore dell’eccesso di spesa non aiuta a ripulire la propria immagine, anzi, dà carta bianca a chi intende continuare a contestare la loro integrità. Horner minaccia denunce per chi dubita della buona fede, parla di misure draconiane ma il guaio è che queste sanzioni fanno molto poco per disinnescare il clima di sospetto. Per Lewis Hamilton e per il suo esercito di discepoli, ci sarà sempre un asterisco sulla gloria di Verstappen, a causa della controversa gestione della scena da parte dell’allora direttore di gara Michael Masi. Quei dubbi ora sono rafforzati dall’ammissione della Red Bull di aver violato i regolamenti finanziari. Tutto questo è profondamente ingiusto nei confronti di Verstappen. Dopotutto, gli viene solo richiesto di guidare un’auto, non di condurre un esame riga per riga del budget della sua squadra. La triste realtà, alla fine di questa tortuosa saga, è che la Red Bull fornisce ai suoi rivali molte ragioni per continuare a rimestare nel torbido”.
Nelle due pagine che L’Équipe dedica al caso, Frédéric Ferret scrive che “tutto è bene quel che finisce male”. In che senso? Nel senso che “il punito trova il giudizio troppo severo e i nove avversari trovano la sentenza troppo debole”. Tutti scontenti. Proprio adesso che “la F1 sta attraversando uno dei periodi più floridi della sua esistenza – continua il giornale francese – il suo organismo di regolamentazione sta attraversando la peggiore crisi da molto tempo a questa parte. La sanzione inflitta alla Red Bull ne è l’ultima prova, dopo il fiasco legale della sanzione inflitta ad Alonso di domenica e ritirata di giovedì”.
L’Équipe comincia a ritenere che la norma sul tetto di budget ne esca minata. Scrive Ferret che “una multa di 7 milioni di euro può sembrare una enormità. Per la Red Bull, che ha appena firmato succosi contratti di sponsorizzazione del valore di circa 100 milioni, si tratta di un peccatuccio veniale. Horner parla goffamente di mano pesante, ma la multa non avrà alcuna influenza sulla scuderia. Nel 2007, per aver sottratto alla Ferrari documenti riservati, la McLaren è stata penalizzata e condannata a un’ammenda di 100 milioni. Questo precedente sul tetto di spesa rischia invece di indurre le altre case a mettere in bilancio una multa del genere, per sfondare il tetto e racimolare qualche milione in più: sarà di 135 milioni di dollari l’anno prossimo, contro i 140 di quest’anno e i 145 del 2021”.
L’Équipe sottolinea come la sanzione sull’utilizzo della galleria del vento possa casomai essere un punto cruciale . La chiama “la parte più dolorosa della penalità, anche se il 10% in meno non sembra molto. Horner ha calcolato il costo in un massimo di mezzo secondo. La Red Bull avrà il 12% in meno del tempo rispetto alla Ferrari, quasi il 20% rispetto alla Mercedes”.
In Italia, Stefano Mancini su La Stampa scrive che “la Red Bull se l’è cavata con una pena lieve. Fra i costi che la Red Bull non ha inserito nel budget, ci sono le voci più disparate, dal catering allo stipendio del personale in malattia. Il regolamento finanziario è nuovo e in parte da chiarire, ma l’unica squadra a infrangere il tetto è stata la Red Bull”.
Il Corriere della sera presenta un retroscena, nel pezzo firmato da Daniele Sparisci e Giorgio Terruzzi, sul ruolo avuto nella vicenda dall’ex gran boss Bernie Ecclestone.
La sentenza è definita “una bolla di sapone”. Scrivono Sparisci e Terruzzi: “Che si dovesse cercare un compromesso l’ha capito il presidente Fia, Ben Sulayem non appena i controllori federali hanno segnalato l’infrazione, decidendo di gestire personalmente ogni passaggio. Con un consigliere d’eccezione, Bernie Ecclestone. L’ex padre e padrone della F1 è amico e sostenitore del presidente, decisivo nell’azione di lobbying che ha portato alla sua elezione. Subito seguita dalla nomina alla vicepresidenza federale di Fabiana Flosi, 46 anni, moglie di Ecclestone (92 anni ieri), al quale ha dato un figlio, Ace. Una investitura vista come testimonianza di riconoscenza nei confronti del vecchio boss. Il quale è legatissimo, da anni, a Horner. Diventa quasi automatico immaginare che il manager Red Bull abbia chiesto supporto a un mago dell’equilibrismo come Ecclestone, conoscendo la natura del rapporto che lo lega a Ben Sulayem. Sono supposizioni, sorrette da una quantità di indiscrezioni. Ma che la sentenza sia emersa al termine di consultazioni a triangolo (Horner-Ecclestone-Ben Sulayem) viene dato per scontato. I team, Mercedes e Ferrari in testa, esasperati e delusi, alla vigilia di una gara favorevole a Red Bull, pretendono dalla Fia che l’analisi dei comportamenti finanziari 2022 venga resa nota ben prima dell’ottobre 2023, troppo tardi per incidere, eventualmente, sul Mondiale. Il sospetto che certe metodologie adottate lo scorso anno siano state applicate anche lungo questo campionato è tutt’altro che archiviato”.
Daniele Miccione sulla Gazzetta dello sport parla di teatrino e di occasione persa. Scrive: “Nessuno si aspettava una sanzione con risvolti sportivi sul Mondiale di Verstappen, ma probabilmente un taglio al prossimo budget della Red Bull sarebbe stata punizione più adeguata. E forse avrebbe lasciato meno veleni nella Formula 1 visto che Ferrari e Mercedes già adesso non vedono l’ora di sapere come finirà con i conti del budget cap del 2022”.