Rassegna stampa: l’inchiesta Fia sul fuoco di Grosjean

La federazione internazionale vuole capire perché il guard rail si è aperto a quel modo all’impatto con la Haas di Grosjean, perché la macchina si è spezzata in due e perché si sia sviluppato l’incendio. Mi sembra logico, qui ne parliamo da domenica pomeriggio in fin dei conti.

Ecco un po’ di notizie sparse raccolte sui quotidiani di oggi grazie a www.loslalom.it

Daniele Sparisci sul Corriere della sera racconta che cosa è successo nei 28 secondi di fiamme, prima che il pilota francese balzasse fuori dalla sua metà della macchina con una scarpa sola, la destra, e il piede sinistro protetto da un calzino. “Nei 28 secondi più lunghi della sua vita – scrive – il francese – rimasto sempre cosciente – ha avuto la lucidità di liberarsi della scarpa, slacciare le cinture di sicurezza a sei punti, togliere lo sterzo dal piantone, abbandonare la monoposto, non aprire la visiera del casco che per il calore si stava squagliando. Casco e balaclava lo hanno protetto dai fumi velenosi. Conosceva la procedura, la ripeteva nelle esercitazioni.

Il medico dei piloti Riccardo Ceccarelli ha detto al Corriere della sera che in «una situazione così è stato l’istinto di sopravvivenza a guidarlo più che l’addestramento. Non mi colpisce la freddezza, questi ragazzi lo sono sempre altrimenti non potrebbero andare a 300 all’ora». 

Già ieri è stata sottolineata l’importanza dall’Halo e dell’Hans. L’Halo è l’aureola introdotta nel 2018 in carbonio, chiamata a sopportare decelerazioni di 60 G, prodotta da tre società, fra cui l’italiana Dallara. Gli studi sugli incidenti del passato hanno stabilito che nel 17 per cento dei casi avrebbero salvato la vita ai piloti. L’Hans (head and neck support) è il collarino, sempre in carbonio, di 800 grammi, fissato al casco e bloccato dalle cinture di sicurezza.

Paolo Ciccarone su Avvenire parla stamattina della tuta di Grosjean.  La federazione, a partire da quest’anno – scrive – aveva innalzato la soglia di resistenza delle tute che devono resistere 13 secondi a una fiamma libera di 850 gradi senza trasferire il calore alla pelle. Questo limite viene ulteriormente innalzato dall’uso di una calzamaglia, anch’essa ignifuga, che i piloti indossano sotto alla tuta. La creazione di una sorta di camera d’aria fra gli strati evita appunto le bruciature e consente al pilota di restare avvolto dalle fiamme per un periodo di circa 30 secondi senza subire grossi danni. Le tute pesano circa 700 grammi. Gli studi sono gli stessi di quelle usate dagli astronauti nelle missioni spaziali”. 

Arturo Merzario, 77 anni, 57 corse in Formula 1 tra il 1972 e il 1979, undici delle quali a bordo di una Ferrari, ma soprattutto l’uomo che salvò Niki Lauda dalle fiamme al Nürburgring il 1° maggio 1976, ha raccontato le sue sensazioni a Jacopo D’Orsi in una intervista per la Stampa. «In diretta ho pensato che non ce l’avesse fatta, è stato un miracolo. Una gran fortuna per tutti».

Quando 44 anni fa si lanciò tra le fiamme per liberare Lauda, racconta, «le cinture di sicurezza erano attaccate alla scocca, faticai parecchio per slacciare quelle di Niki: chiunque avrebbe provato a liberarsi dalle fiamme come fece lui, però solo quando è svenuto sono riuscito a estrarlo. Nel caso di Grosjean, l’adrenalina e la disperazione l’hanno spinto a saltar via dall’inferno. È andata bene perché è rimasto cosciente. Senza polemiche, potevano far meglio pure i commissari con gli estintori, partiti dal basso e non dal cuore dell’incendio. Il fuoco fa paura, so bene di cosa parlo».

Share Button
umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.