Rassegna stampa del BahrainGp a tre colori: depressione rosso Ferrari, esaltazione blu Red Bull, stupore d’ammirazione verde, anzi sempre verde, Alonso. Di chi è la colpa del flop Ferrari? Non di choi è appena arrivato. A parere mio è di una persona sola, del presidente che ha cambiato il team principal, ma non ha toccato la parte tecnica, quella dove servivano i rinforzi veri, come ha insegnato la Aston Martin.
Ma vediamo che hanno scritto i quotidiani via www.loslalom.it
Daniele Sparisci, Corriere della sera: “La macchina che doveva «segnare riferimenti di velocità senza precedenti» (parole dell’a.d. Benedetto Vigna alla presentazione) rimedia una batosta nel deserto, superiore alle più fosche previsioni. Altro che lottare per due titoli, altro che treno di gomme salvato sacrificando la pole, ieri alla Rossa sono mancati i fondamentali. Per Vasseur l’elevato degrado è causato dagli assetti, non da un vizio strutturale della monoposto concepita sotto la precedente gestione di Mattia Binotto è gravissimo che dopo un 2022 in cui le rotture hanno tolto vittorie certe, adesso tornino i guasti a levare un piatto molto più magro, un possibile podio. Sempre nella stessa area, la power unit. Come in un eterno replay, la Ferrari che non cambia mai”.
Stefano Mancini, la Stampa: “La storia delle fragilità della SF-23 è lunga a partire dai test: il musetto che si deforma, l’ala che trema, le piccole appendici aerodinamiche che si staccano, poi, a poche ore dal via, un sensore che lampeggia. Nell’impianto elettrico del motore è allarme rosso. Un’ipotesi è che la ricerca estrema di leggerezza abbia creato delle debolezze: se ne occuperanno i tecnici a Maranello, dove i pezzi danneggiati sono stati spediti per individuare le cause dei guasti. Non solo la Red Bull è lontana anni-luce, c’è anche un avversario nuovo sul podio. La strategia sbagliata stavolta è il male minore. Leclerc ha rinunciato al giro finale di qualificazione che poteva dargli la pole position per salvare un treno di gomme morbide nuove. Non le avrebbe usate nemmeno se avesse concluso la gara, ma almeno non ci ha perso nulla. Quanto tempo servirà per vedere una Ferrari competitiva?”.
Fabio Tavelli, il Foglio: “La Ferrari di oggi è un progetto nato nella seconda metà della scorsa stagione e che nei desideri dell’azienda e di milioni di tifosi ha come obiettivo vincere il Mondiale. Target al momento nemmeno immaginabile se non attraverso una serie di pacchetti di novità sostanziali e immediatamente funzionanti. A partire dall’affidabilità. Fermo restando che tutto questo dovrà legarsi a un calo della Red Bull. Ipotesi al momento non pronosticabile”.
Benny Casadei, il Giornale: “Occhi, espressioni e parole di Charles e Carlos parlano chiaro; sono una tac dell’anima, la Ferrari è a rischio depressione. Salvo miracoli tecnici, il dopo che ci attende potrebbe essere molto magro. Due decimi di distacco dalle Red Bull in qualifica, un abisso in gara capace di rasentare il secondo mentre dei roditori nascosti sulle gomme posteriori ne divoravano le mescole hanno trasformato la corsa dei ferraristi in una Dakar. Dulcis in fundo, il ritiro del monegasco…”
Alessandra Retico, Repubblica: “Il Bahrain ridimensiona con violenza le ambizioni di poter lottare ai vertici. sarà complicato risolvere il rebus del degrado gomme e del passo gara. Sul giro secco le rosse ci sono”
Ottavio Daviddi, Tuttosport: “Un’auto non ha finito la gara, l’altra (quella di Carlos Sainz) – causa degrado delle gomme – non è arrivata oltre il quarto posto. Diciamo che sabato sera gli umori erano ben diversi. Siamo all’allarme rosso, per usare un gioco di parole, usato ampiamente nel passato? Probabilmente no, perché sinora la Ferrari non aveva avuto problemi di affidabilità (i test erano andati bene, da questo punto di vista) e perché il Mondiale è ancora lunghissimo. Inoltre, vista la difficoltà cronica della Rossa con le gomme, bisognerà rivedere le cose su un tracciato diverso (già quello di Jeddah lo sarà). Però è stato un pessimo inizio”.
Fulvio Solms, Corriere dello sport-stadio: “Non c’è niente da salvare nell’avvio di stagione della Ferrari che, un anno dopo la doppietta del GP Bahrain a fronte del doppio ritiro delle Red Bull, ha offerto ieri una fotografia che sembra il negativo di quel precedente. Charles Leclerc ha sofferto per mantenersi in zona podio, ma neanche ha finito per un flop della power unit: e allora, da cosa si riparte adesso?”
Mario Salvini, la Gazzetta dello sport: “La Ferrari si trova al cospetto di un avversario mostruoso. Per i Tifosi è stato un bene, ieri, assistere alla gara su Sky Italia e non su ESPN. Si sono risparmiati una coltellata al costato, quando Martin Brundle ha detto ai telespettatori americani: «Mi sembra di vedere Michael Schumacher negli anni della Ferrari»”.
Gianluca Gasparini, la Gazzetta dello sport: “Cosa manca, dunque? Semplice: un direttore tecnico capace di indirizzare ed elevare il progetto. Newey, a lungo inseguito, non è mai arrivato. E così in Ferrari, sostenendo che di fenomeni in giro non ce n’erano, hanno messo insieme un gruppo di tecnici definendo il tutto “organizzazione orizzontale”. Peccato che negli anni qualche talento puro si sia formato. E dove, se non sotto l’ala dello stesso Newey? Nell’aprile di un anno fa Dan Fellows ha preso servizio come d.t. dell’Aston Martin dopo 15 stagioni in Red Bull, lavorando gomito a gomito con il genio. Abbiamo visto nel GP di Sakhir lo spaventoso salto in alto”
Mauro Coppini, Corriere dello sport-stadio: “Fernando Alonso ci mette del suo. La sua esperienza, certamente ma anche la passione genuina, per uno sport che non è un mezzo ma il più attraente dei fini. Un pilota ma anche un uomo in grado di combinare come meglio non si può emozione, ragione e rischio. Fino a proporre un duello con un Hamilton che a sua volta non si tira indietro quando si tratta di difendere il suo passato. Certo che sia l’unico modo per salvarsi il futuro”.
Il segreto della Red Bull
Paolo Filisetti, la Gazzetta dello sport: “Cosa ha trovato nell’inverno la Red Bull? Qual è il suo segreto? Con qualsiasi carico il degrado è limitato. Non ci sono solo i riscontri cronometrici a suffragare la visione espressa da Leclerc. Rispetto alle altre monoposto si notano un perfetto bilanciamento e la sensazione che la vettura sia insensibile alla variazione del carico di carburante. La RB19 non è solo caratterizzata da un’aerodinamica efficiente e raffinata, ma la perfetta combinazione tra la dinamica del veicolo (leggi sospensioni) e il concetto aerodinamico (quello visibile in superficie e quello sul fondo della vettura) hanno permesso di renderla perfetta in ogni condizione. Non mostra la minima variazione di comportamento dinamico a prescindere dal serbatoio pieno o vuoto. Come se in modo meccanico mantenesse un assetto costante, non influenzato dalle variazioni di peso. Come ci riesce? Grazie soprattutto alla sospensione anteriore, che ricalca lo stesso schema pull rod adottato nel 2022, con una elevata inclinazione dei bracci del triangolo superiore. Questa caratteristica ha la funzione di incrementare l’effetto di anti affondamento dell’avantreno: controllando al meglio le variazioni di altezza da terra dell’anteriore, è possibile gestire in modo efficace la trazione al retrotreno. In modo legale, è come se la RB19 fosse dotata di sospensioni attive, quelle che poco più di trent’anni fa – quando era alla Williams – aveva sviluppato lo stesso Newey”.













