
Carlo Pernat si racconta in un libro, Belin che paddock, pubblicato da Mondadori e scritto insieme a Massimo Calandri che ne rende il pensiero nel modo più pulito possibile…
Parla di travestiti e di zoccole, di sex drugs and rock’n roll, prima che di moto, ma se non fosse così non potrebbe essere l’autobiografia di Carlo Pernat. D’altra parte il libro si intitola Belin che paddock… il che chiarisce tutto.

Pernat, per i pochissimi che non lo sapessero, ha lavorato con Biaggi, Rossi, Capirossi e Simoncelli solo per citare i più famosi, ed è uno dei (se non addirittura il) più importanti manager delle Moto, un mondo in cui è entrato da ragazzo lavorando in Piaggio e rispondendo ad un annuncio letto per caso su una copia del Secolo XIX, il quotidiano di Genova la sua città, lasciato da un altro viaggiatore nello scompartimento del treno che lo stava portando al lavoro a Roma dove lo attendevano all’Eni con una bella carriera già programmata da papà…
Niente da fare. Voleva la libertà. Piaggio, Gilera, con libere escursioni in Formula 1 , nel calcio a fare gara di barzellette con il Trap, nella musica con l’epica tournèe degli Stones e quella coca (non cola) da recuperare per Mike Jagger e i suoi amici. Motocross, Parigi Dakar, moto mondiale.
Un giro del mondo tra piste e bordelli, tra piloti e fidanzate (ben pagate), il tutto raccontato alla Pernat. Senza veli. Racconta di contratti, di furbate, di Genoa naturalmente….
Difficile non ridere mentre lo si legge. In modo normale (cioè seguendo ordinatamente i capitoli) o alla Pernat cioè saltando da uno all’altro (con indicazioni precise alla fine di ogni capitolo) per seguire un ordine cronologico…
La bambola di Valentino, le liti con Biaggi, l’amore per Capirossi e la cucina della mamma, la risposta mai avuta da Reggiani, la voglia di picchiare Suppo, la mancanza di Simoncelli… , l’autografo concesso a George Harrison (George chi?), la voglia di cross del Dovi… insomma c’è da divertirsi.
“Il mio segreto è che alla fine me ne sono sempre sbattuto i coglioni”, scrive l’editore in quarta di copertina. E’ il suo motto.