
Sergio Marchionne, 66 anni, è morto a Zurigo, dove era ricoverato da alcune settimane. Per 14 anni alla guida di Fiat — poi trasformata in Fca — e Ferrari, ha segnato una stagione industriale, non solo italiana
Il maglione adesso è davvero vuoto. L’uomo, il manager, il genio che gli dava vita è volato via. Sergio Marchionne lascia un vuoto enorme tra i suoi cari, ma anche nelle aziende che dirigeva fino a sabato scorso. Anche chi lo ha criticato fino all’ultimo, se ne renderà conto.
Sergio Marchionne è un manager che ha amato le sue aziende. Soprattutto la Ferrari. Le ha amate più di se stesso. Tanto che le aziende le ha salvate e non il suo colpaccio e non è riuscito a fare altrettanto.
Non avevo preparato un coccodrillo perchè mi piace credere nei miracoli. E Sergio Marchionne di miracoli nella sua breve vita, ne aveva fatti davvero tanti. Le notizie in arrivo da Zurigo non gli davano scampo, ma continuavo a ripetermi che con lui non si può mai stare tranquilli. Qualcosa si era sempre iventato.
La sua ultima battaglia, invece, era di quelle che non poteva vincere. Non era preparato, aveva sempre vissuto oltre ogni limite senza rispettare il suo fisico. Il fumo, abbandonato solo troppo tardi. Qualche bicchierino. L’assoluta mancanza di attività fisica. Pochissimo riposo. Non si era risparmiato per dedicarsi al lavoro, all’azienda. Non so quanto si sia goduto la vita. Ma lui si divertiva a lavorare, a trasformare le sue azienda, a inventarsi nuovi percorsi.
Anche quando raccontava di sentirsi stanco come durante l’ultimo pranzo di Natale a Maranello, nessuno gli credeva. Riusciva ancora a mascherarlo bene. Solo chi lo ha incontrato nella sua ultima apparizione pubblica a fine giugno, alla consegna della Jeep all’Arma dei Carabinieri, aveva intuito che qualcosa non andava.
Ha salvato la Fiat dal fallimento. Ha salvato la Chrysler dal fallimento. Si è iventato Fca trasformandola nella settima industria automobilistica mondiale. Ha moltiplicato il valore dell’azienda in Borsa, le ha dipinto un futuro con un’ultimo piano industriale che la porterà verso l’ibrido e l’elettrico (una sfida enorme). Ma è inutile che vi ripeta i risultati di Marchionne. Li avete letti dovunque in questi giorni. Non avevo mai visto tanti coccodrilli per una persona ancora in vita. Anche affettosi, molto, da parte di chi lo aveva seguito da vicino in questi anni. Mi piace citare Bianca Carretto , Pierluigi Bonora Tommaso Ebhardt
Se ne è andato nel giorno in cui la sua azienda presenta i conti dell’ultimo quadrimestre. Conti che lui aveva trasformato. Quasi uno scherzo del destino.
La sua eredità è enorme e pesantissima. Come ha scritto John Elkann ha insegnato a tutti a pensare in modo diverso. Ha aperto nuovi orizzonti. «Il vero valore di un leader non si misura da quello che ha ottenuto durante la carriera ma da quello che ha dato. Non si misura dai risultati che raggiunge, ma da ciò che è in grado di lasciare dopo di sé», ha ripetuto Elkann alle donne e agli uomini di Fca.
Marchionne lascia
- un’azienda con i conti a posto e già questa è stata un’impresa faraonica
- un’azienda che può sedersi al tavolo con i grandi costruttori
- un’azienda che ha una sua identità
- un’azienda che dal punto di vista tecnologico dovrà ora investire tantissimo
- un’azienda ancora in cerca della grande alleanza
- un brand rigenerato (Jeep), un brand rilanciato ma non fino in fondo (Alfa Romeo), un brand ammirato (Maserati), un brand riportato nei suoi confini (Fiat), un brand dimenticato (Lancia)
- una Ferrari ai vertici della Formula 1 e un’azienda con un futuro già disegnato tra Fuv (Ferrari utility vehicle) e ibrido
Non è questo il momento più difficile nella storia di Fiat (oggi Fca), da quello l’ha salvata proprio Marchionne. Ma è un momento terribilmente complicato in un mondo di squali come quello dell’automobile. Marchionne era stimato, rispettato, amato e odiato allo stesso tempo. Per John Elkann e i suoi manager sta cominciando il momento più difficile della loro vita professionale.
In bocca al lupo. Ne hanno bisogno loro, ma ne abbiamo bisogno anche noi. Perchè anche se oggi Fca è una società di diritto olandese e di residenza fiscale inglese, resta con il cuore italiano.
L’augurio è che la sua lezione non cada nel vuoto. La prima reazione di Alfredo Altavilla (dimissionario perchè non designato alla successione) ci ha raccontato il contrario.
Marchionne a questo punto metterebbe sul giradischi uno dei suoi jazzisti preferiti Bob McFerrin. “Don’t worry, be happy“.
[…] Don’t worry, be happy…. (L’eredità Marchionne) […]