L’Italia che vince viaggianin Ferrari o in Ducati. La domenica della doppia impresa (una rarità, è accdutro soltanto 5 volte raccontano gli statistici) continua a riempire i quotidiani italiani. tata Ferrari, tanti sogni leclerchiani, ma anche tanta Ducati grazie al Team di Gresini e ad Enea Bastianini. E’ l’ora della Bestia. int4sa come la SF 75 come l’ha soprannominata Leclerc, ma anche del Bestia, soprannome dell’Enea.









Giles Richards, Guardian: “La Ferrari è una classe a parte. Dopo aver cancellato l’anno scorso e aver concentrato le energie nello sviluppo del modello di questa stagione, a Maranello deve esserci non poca soddisfazione. Il compito della Ferrari ora è non sprecare il vantaggio. La sfida per gli ingegneri è nella feroce contrapposizione per lo sviluppo, con i nuovi regolamenti la squadra che lo farà più velocemente avrà la frusta dal lato dell’impugnatura. La Ferrari era avanti anche nel 2017 e nel 2018, ma è stata superata dai progressi della Mercedes nel corso della stagione, una battuta d’arresto aggravata dagli errori del team e dei piloti”
Alessandra Retico, la Repubblica: “Tra due settimane Imola non sarà solo un gp, il 4° dell’anno, ma un termometro della solidità della Scuderia. 94 mila i biglietti venduti per il week end che vedrà al sabato la gara sprint, la prima delle 3 dell’anno. Ancora disponibili i tagliandi, si punta alle 100mila presenze. È finita la pandemia e la malinconia. Imola è una culla, luogo dell’anima, ventre delle corse. Sarà un marasma di sentimenti e attese”
Jean Alesi, Corriere della sera: “E adesso godiamoci la festa ritrovata. Ho ricordi forti di Imola: appena esci dai box ti trovi in mezzo agli alberi, come correre in un bosco. Ma appena dopo, alla Tosa, è come entrare in uno stadio pieno. Senti le urla che arrivano dalla collina mentre guidi, le sentivo con il 12 cilindri, figuriamoci adesso con queste macchine meno rumorose. Un boato a ogni giro. Quando hai una Ferrari che vince come sta vincendo oggi non ha senso trattenersi, bisogna godersi il momento”.
Stefano Mancini, la Stampa: “Tre gare perfette, il piacere di avere una macchina guidabile e, perché no, anche quello di vedere gli avversari in difficoltà. La classifica fa sognare. Per trovare qualcosa di simile bisogna risalire ai momenti d’oro del Cavallino e a una sua icona. Solo Michael Schumacher nel 2000, alla prima stagione di un ciclo straordinario, si trovò così avanti in classifica dopo tre Gran premi. Fu un anno indimenticabile perché segnò la fine di un digiuno che durava da 21 anni”.
Fulvio Solms, Corriere dello sport-stadio: “Cosa può fare questa Ferrari? Dove può arrivare? Se l’obiettivo era davvero poter lottare per il Mondiale, è già centrato come dimostrano le due classifiche su sfondo rosso. Ma la domanda più intrigante è: davvero siamo davanti a una Scuderia in grado di dominare in modo seriale, come già avvenuto con Schumi nei primi anni Duemila? Non è detto perché Red Bull e Mercedes non sono imbrocchite e torneranno, ma certo è champagne il solo porsi una domanda del genere”.
Mario Salvini, la Gazzetta dello sport: “Da quando esiste l’attuale formato di punteggio, ovvero dal 2010, solo una volta il divario tra i primi due dopo tre gare è stato più ampio: nel 2016 Nico Rosberg ne aveva 36 più di Lewis Hamilton. E il Mondiale se lo è vinto. Certo, lo ricordiamo tutti, Hamilton dopo soli altri 7 GP, al decimo di stagione, a Budapest, non solo aveva già recuperato tutto ma aveva anche già superato il suo compagno di 6 punti, con altre 10 gare da correre. E se non fosse stato per il guasto al motore della sua Mercedes in Malesia la storia e l’albo d’oro racconterebbero cose diverse da quelle che leggiamo ora. Questo per dire che il disavanzo è colmabile e hanno ragione Leclerc, Mattia Binotto e tutti i ferraristi ad andarci cauti”.
Ottavio Daviddi, Tuttosport: “Un concetto a caso tratto dal breviario dell’autocommiserazione nazionale sostiene che in Italia non funziona mai niente. Il che, qualche volta, è anche vero. Ma in questo momento, guardando all’automobilismo e al motociclismo, possiamo dire – e con orgoglio, quindi battendoci il petto – che c’è anche qualcosa che funziona. Nella fattispecie la Ferrari e la Ducati. Sono due sport atipici, la Formula 1 e la MotoGP, perché vivono di un amalgama unico tra fattore umano (piloti, progettisti, tecnici, meccanici, manager) e altissima tecnologia. E certo, la Ferrari è da anni che non vince un Mondiale piloti. Idem dicasi per la Ducati (curiosamente coincidono le date, gli ultimi due titoli sono arrivati nel 2007 con Kimi Raikkonen e Casey Stoner). Ma né a Maranello né a Borgo Panigale hanno mai pensato di alzare bandiera bianca, preferendo la strada del lavoro ad oltranza”.

Dite che non era rossa, la moto di Bastianini? “Anche se il colore sulla carena è quello azzurro cielo del team Gresini – sottolinea Paolo Ianieri sulla Gazzetta dello sport – con la cattiveria agonistica della “Bestia” («Ho guidato come un bastardo» gongola felice nel parco chiuso Enea) fa festa quella Ducati che dopo un sabato meraviglioso, con 5 moto ai primi 5 posti della griglia, si porta a casa la seconda vittoria stagionale”.
Un italiano in grado di vincere due delle prime quattro gare mancava da sette anni e il suo nome era Valentino Rossi. Il primato di Bastianini si associa a quelli di Vietti in Moto2 e di Foggia in Moto3.
Matteo Aglio per la Stampa lo dice “gentile con le gomme e spietato con gli avversari. Non ha la moto più aggiornata, le sue carene sono verniciate di azzurro e non di rosso, ma il pilota dal nome mitologico la sua epopea la scrive la domenica in pista”.
Paolo Lorenzi per Sky considera che “l’intelligenza del pilota romagnolo, la capacità di gestire la gomma. la lucidità del suo box che ha pianificato alla perfezione il momento in cui dare la svolta alla corsa, quando Jack Miller sembrava avviato al successo, sono la chiave della seconda vittoria”.
Luca Bucceri su Sport Mediaset l’ha definita “una gara bestiale, con una strategia perfetta e una lettura dei momenti in pista da far invidia ai grandi delle moto”.