Crisi #Ferrari: comincia la caccia a #Binotto

Tempi duri per la Ferrari. Mentre il presidente continua a restare in silenzio i rumors attorno a Binotto cominciano a prendere piede. Abbiamo iniziato a parlarne domenica sera a Race Anatomy. Così è lo sport, quando non arrivano i risultati qualcuno deve pagare. Nel calcio salta l’allenatore, in Formula 1 o salta il progettista o salta il capo della gestione sportiva. Marchionne qualche anno fa fece saltare addirittura il presidente, ma quello era un altro discorso. Anche se forse è proprio lì l’origine del male Ferrari.

L’idea di riorganizzare la Ferrari, promuovendo le seconde e terze linee alla fine non ha dato i risultati sperati. Ci si è illusi fino al triplo successo dello scorso anno che però ha innescato tutto il polverone sui motori che, alla luce dei risultati di oggi, fa molto pensare. In Formula 1 è difficile, se non impossibile, crescere facendo a meno della cultura anglosassone sull’argomento. Chiudersi a riccio a Maranello e non aprire alle esperienze in arrivo da altri team può alla lunga essere molto pericoloso. Si corre il rischio di restare indietro.

L’ultima Ferrari vincente (anche se non abbastanza) è quella del 2018. Un progetto figlio degli ultimi consigli di Rory Byrne, mentre James Allison aveva lasciato Maranello nel luglio 2016 quando Binotto divenne direttore tecnico. Senza contare che poi fu allontanato anche Simone Resta, ripreso poi in fretta e furia lo scorso anno (sta lavorando sulla SF1000 versione B). Se il problema è di metodo, tutto ciò va considerato…

Io credo che Mattia abbia le sue responsabilità, perchè alla fine è lui che ha avallato la riorganizzazione del lavoro e anche tutto quanto accaduto attorno al motore lo scorso anno, senza scordare l’ok dato a regole che penalizzeranno la Rossa anche l’anno prossimo. Ma la colpa più grande è di chi lo ha lasciato solo a fare tutto questo. Solo a restituire un’immagine sorridente alla Ferrari, solo a puntare tutto su Leclerc, solo a gestire la lotta tra i due piloti, solo contro i team inglesi, solo a gestire il nuovo patto della Concordia, solo a respingere l’assalto al motore dello scorso anno, solo a replicare alle accuse di chi dava dei bari alla Ferrari. Troppo solo. Lo sostengo da tempo e la mancanza di risultati purtroppo conferma la sensazione.

Vediamo grazie a https://www.loslalom.it/ la rassegna stampa di oggi:

Mattia Binotto si gioca gli ultimi gettoni di fiducia di John Elkann e Louis Camilleri. Così scrive stamattina Daniele Sparisci su Corriere della sera. Il management Ferrari potrebbe scegliere “soluzioni traumatiche”. L’ad secondo il Corriere “starebbe già lavorando a un’alternativa nel caso la situazione precipitasse, circola il nome di Antonello Coletta, attuale responsabile delle competizioni Gt. Gli spifferi segnalano differenze di vedute sull’indirizzo da prendere”. Leo Turrini su Resto del Carlino conferma che “i vertici aziendali sono tremendamente delusi. Nel 2021 si correrà con la stessa vettura. La vittoria ha molti padri, la sconfitta è sempre orfana. Ma non stavolta”.

Tutto adesso è in discussione. Compreso il mancato esercizio del diritto di veto sul congelamento dei motori e dei telai per la prossima stagione. “Se erano in ritardo perché hanno detto sì? È uno dei tanti misteri della Rossa sparita” sottolinea il Corriere. Il grande nodo è l’accordo segreto firmato con la FIA dopo l’indagine sui motori. Stefano Mancini su la Stampa trova che “l’emergenza è globale. C’entra la macchina e quindi chi l’ha pensata e prodotta, chi ha scelto le persone, chi ha organizzato il lavoro, dai vertici in giù. E c’entra il peso politico della Scuderia, dal contenzioso sul motore scoppiato nel finale di campionato 2019 fino al voto favorevole alle nuove regole per il bene dello sport più che della squadra. Debole in politica estera, la Ferrari lo è stata anche quando è scoppiata la grana del motore troppo potente”.

Luigi Perna su la Gazzetta dello sport torna sulla questione della leadership e scrive che con Marchionne “c’era un leader temuto e rispettato. La spinta propulsiva di allora, quando il presidente “tuonava” a ogni sconfitta, oggi sembra esaurita. L’approccio di Camilleri e Binotto è diverso, ma i risultati per ora non danno ragione al nuovo corso. Oggi la creatività sembra mancare fra le pareti di Maranello”. Eppure, sottolinea, “anche quest’anno il budget del Cavallino sarà il più ricco della Formula 1, alla pari con la Mercedes”.

Fulvio Solms su Corriere dello sport-Stadio fa risalire invece proprio a Marchionne l’inizio della crisi, alle scelte di lasciar andare via James Allison. “La visione pauperistica e autarchica ispirata da Marchionne (lui per primo l’avrebbe corretta con le sue coraggiose strambate, se non fosse purtroppo scomparso anzitempo) non funziona, o almeno: non in Formula 1. Una squadra che si priva dei migliori uomini per fare spazio alle seconde e terze linee – si legge – sperando nel fiorire del talento nascosto, ha solo una certezza: il segno meno di chi va via. Poi c’è la questione anche più seria della separazione delle carriere: non si può essere team principal e de facto il responsabile del progetto. E’ dura per Binotto pensare a tutto e rispondere a tutti. E come fa a chiedere più budget a sé stesso, e magari a negarselo?”.

Autosprint titola Ora Basta!… In casa Ferrari si tocca il punto più basso da dieci anni a questa parte. Viaggio dentro una crisi che può provocare un terremoto. Anche qui l’analisi alla fine tocca sempre lo stesso punto: si sente l’assenza di un presidente attivo.

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

2 commenti

  1. Marchionne… lo vogliono santo ma per fortuna c’è qualcuno che si ricorda anche dei suoi errori. Difficile fare una squadra che vinca la Champions con giocatori che fino a ieri giocavano in serie B. Arrivabene era stato molto criticato ma, alla fine, aveva rischiato di vincere un campionato. Mr. Bean8, oltre ad esaltarsi per una stagione fallimentare dandosi un bell’8, cosa ha fatto? ha peggiorato i risultati sia dei singoli piloti sia della squadra. A far questo sono capace anch’io! Non per questo però è il solo responsabile. Anche il tedesco non lo ha aiutato, anzi.
    Quanto poi agli accordi sottobanco con la FIA, ora che il calo dei motori ferrari è evidente anche nelle altre squadre che lo montano, è difficile credere che realmente le prestazioni migliori fossero frutto di soluzioni miracolose. Invece si tratta solo di “furberie”. Ma loro sono sempre quelli corretti, gli altri imbrogliano!
    Un grande merito riconosco a Marchionne: lui aveva la ferrari F1 come obiettivo principale, voleva vincere il campionato sia piloti, sia marche; Elkan e Camilleri lo hanno come secondario se non peggio!

  2. Sig Zapelloni
    Grazie per il post.
    D’accordo che si deve fare qualcosa.
    D’accordo che non si capisce come Mai non usato il veto: o non si poteva (accordo segreto Fia?) o non sapevano di fare harakiri (difficile pensare che siano cosí incompetenti), sopratutto se la MB lo ha usato senza averlo per una cosa molto piu bánale come la sprint race.
    Sapendo che sarebbero stati crucificati comunque (macchina troppo scarsa) bisognava difendere fino allá morte.

    Ma fare pagare Binotto solo no.
    Se ritenuto capace, va supportato e lasciato rifarsi impararando dagli errori – questa esperienza vale molto.
    Ripetere approccio di Aldo Costa, Stefano Domenicali, James Allison & co sarebbe assurdo = quando le persone sono valide allá fine emergono sempre dalle ceneri (spesso anche piu forti di prima).
    Come la pensa lei?
    Cosa farebbe lei adesso?
    Grazie,

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