
Con 1150 buchi in più puoi frenare molto meglio. Chi l’avrebbe mai detto? Qualcuno che non ha mai seguito l’evoluzione Brembo negli ultimi 20 anni. L’azienza bergamasca, vanto italiano nel mondo della tecnologia, da sempre impegnata nelle corse e in Formula 1 ci racconta come sono cambiati i suoi prodotti negli ultimi 20 anni. Una storia da leggere:
L’evoluzione compiuta nell’ultimo decennio è impressionante, in particolare per l’incremento delle performance assicurate dai sistemi frenanti Brembo di ultima generazione. Un maggior sforzo richiesto ai freni dovuto sia alle maggiori velocità sul giro delle monoposto attuali di Formula 1 rispetto a quelle del 2009 sia alla maggior capacità di scaricare la coppia frenante a terra grazie all’utilizzo di pneumatici con battistrada maggiorato.
Per dimostrare queste migliorie abbiamo messo a confronto i dati delle frenate di molti tracciati che non hanno cambiato layout: dal GP Italia (Monza) al GP Abu Dhabi (Yas Marina), dal GP Monaco al GP Belgio (Spa-Francorchamps), al GP Brasile (Interlagos).
Con il
termine potenza frenante si intende la quantità di energia dissipata durante
una frenata. Questo valore è il più cresciuto nell’ultimo decennio, come
confermano gli esempi che stiamo per sottoporvi.
Alla St. Devote, la prima curva dopo la partenza del GP Monaco, talvolta teatro
di spettacolari incidenti, la potenza frenante di ciascuna monoposto del 2009
era di 1.588 kW mentre quest’anno, in media, si è attestata sui 2.175 kW. La
crescita è stata quindi pari al 37 per cento.
Incrementi persino maggiori nella potenza frenante si dovrebbero registrare in
altri tracciati: nel 2009 alla curva dopo il traguardo del GP Giappone il
valore superava di poco i 2.000 kW mentre quest’anno si attesterà intorno a
3.000 kW, ossia il 50 per cento in più.
Il ricorso a impianti frenanti Brembo più performanti ha accresciuto anche la decelerazione a cui sono sottoposti i piloti, in alcune staccate addirittura superiore a quella a cui sono sottoposti gli astronauti al rientro sulla Terra.
Alla Variante del Rettifilo, la prima chicane di Monza (GP Italia), le monoposto del 2009 assicuravano una decelerazione massima di 5,1 g mentre quelle attuali garantiscono un valore di 5,6 g. L’incremento è nella misura del 9,8 per cento, in linea con quello della maggior parte delle curve del campionato del mondo.
Talvolta però si registrano variazioni maggiori, come sulla pista di Spa-Francorchamps (GP Belgio). Alla frenata dell’ex Bus Stop la decelerazione massima è salita da 5,2 a 5,8 g mentre a La Source è balzata da 4,3 g a 5,3 g. Nel primo caso l’aumento è stato dell’11,5 per cento, nel secondo del 23 per cento
Per esercitare una maggiore potenza frenante e affrontare una decelerazione maggiore è indispensabile incrementare il carico sul pedale del freno. I piloti attuali sono quindi chiamati, almeno per quanto concerne la frenata, ad uno sforzo superiore ai loro colleghi del decennio scorso.
Alla curva 11 di Yas Marina (GP Abu Dhabi) la decelerazione attuale è di 223 km/h rispetto ai 207 km/h del 2009 ma il carico sul pedale del freno è cresciuto in maniera maggiore: da 126 kg a 155 kg, cioè del 23 per cento. Invece alla curva dopo il tunnel del GP Monaco il carico sul pedale è passato da 116 kg a 144 kg, ossia del 19 per cento.

Apparentemente
in molti tracciati i tempi di frenata sembrerebbero non discostarsi molto
rispetto a quelli del 2009, tuttavia è limitare il confronto al solo tempo di
frenata, senza considerare le velocità iniziali e finali, a trarre in inganno.
Ad esempio alla curva 11 di Yas Marina la frenata durava 2,43 secondi dieci
anni fa e 2,38 secondi oggi. Il risparmio di tempo parrebbe quindi quasi insignificante,
appena 5 centesimi di secondo. In realtà però il divario è molto più alto
perché nel 2009 le monoposto di Formula 1 perdevano in questa frenata 207 km/h.
Adesso invece nello stesso punto la frenata consente di tagliare la velocità
delle auto di 223 km/h. Quindi pur dovendo perdere 16 km/h in più le monoposto
attuali impiegano meno tempo, a dimostrazione della maggior potenza frenante.
Alla curva 10 del GP Monaco invece il tempo di frenata è sceso dai 2,60 secondi
del 2009 ai 2,48 secondi di quest’anno. All’ultima curva del GP Belgio la
riduzione del tempo di frenata è più marcato: dai 2,71 secondi del 2009 ai 2,52
secondi di quest’anno e in più oggi la velocità cala di 218 km/h rispetto ai
202 km/h che venivano persi nel 2009.
Parametrando il tutto, nel 2009 all’ultima curva del GP Belgio si verificava un
calo di velocità di 74,5 km/h per ogni secondo di impiego dei freni mentre oggi
la diminuzione di velocità è di 86,5 km/h per ogni secondo di frenata.
Confrontando i 74,5 km/h con gli 86,5 km/h il miglioramento è nell’ordine del
13,9 per cento, mentre in altre situazioni è più contenuto.
D’altro canto, alla già citata Variante del Rettifilo di Monza il carico sul pedale è passato dai 137 kg del 2009 ai 196 kg di quest’anno: più 43 per cento. Invece all’ultima curva prima del traguardo del GP Belgio il carico sul pedale è cresciuto in dieci anni da 140,5 kg a 202 kg: più 30 per cento.
Uno dei
componenti del sistema frenante che ha subito un’evoluzione visibile anche a
occhio nudo è il disco freno, che oggi Brembo rende disponibile all’anteriore
in tre varianti: l’opzione medium cooling da 800 fori di ventilazione la high
cooling da 1.250 fori di e il very high cooling da 1.480 fori.
Nel corso del decennio l’avanzare degli studi ha permesso a Brembo di aumentare
progressivamente il numero dei fori e di diminuirne le dimensioni: dieci anni
fa, nel 2009, i fori di ventilazione di un disco di Formula 1 erano circa 300.
Tre anni dopo, il loro numero era triplicato arrivando a 600 fori.
L’innovazione però non si è fermata e nel campionato 2014 le monoposto di
Formula 1 sono arrivate ad impiegare dischi con oltre 1.000 fori di
ventilazione.
L’incremento della superficie del disco esposta alla ventilazione, garantisce
infatti una maggiore dispersione del calore, riducendo la temperatura
d’esercizio. Nei dischi in carbonio di Formula 1 la temperatura può addirittura
raggiungere picchi di un migliaio di gradi centigradi per brevissimi istanti.
A partire dal 2017, il maggiore spessore dei dischi, salito da 28 a 32 mm, ha
permesso di incrementare ulteriormente lo spazio per i fori di ventilazione,
determinando un’ulteriore evoluzione del sistema di raffreddamento degli
impianti.
I fori, disposti ora su 4 diverse file, misurano 2,5 millimetri di diametro e
sono realizzati uno ad uno da un macchinario di precisione: per completare
tutti i fori di un singolo disco sono necessarie dalle 12 alle 14 ore di
lavoro. A questi livelli, la precisione è tutto: la tolleranza di lavorazione è
di soli 4 centesimi di millimetro.