Ferrari e se mancassero passione, cuore e competenza?

In Ferrari ormai ricorrono ai vecchi proverbi giapponesi. «Nana korobi ya oki», «Cadere sette volte e rialzarsi otto», ha detto il ceo Benedetto Vigna intervistato da Tommaso Ebhardt, l’autore della miglior biografia su Marchionne in circolazione, al Bloomberg Capital Market Forum. La Ferrari ci è abituata, non c’è dubbio. E’ caduta e si è rialzata milioni di volte. Ma ce la farà anche questa volta?

Benedetto Vigna, come riporta Daniele Sparisci sul Corriere della Sera, ha aggiunto: «Vale per la vita, vale anche per la F1. Non è facile, a volte scivoli di quattro piani e non vedi la fine. Ma con il lavoro, con la passione, con le competenze, e con il cuore, alla fine ti risollevi. Ci sono passato tante volte».

Una ricetta che in passato ha funzionato perchè c’erano passione, cuore e competenze.

La domanda che ci si pone oggi è: ci sono ancora?

La passione c’è ancora? A me pare che la Ferrari sia sempre più un’azienda del lusso dove la passione non c’entra. Produce auto bellissime, dal 2025 le farà pure elettriche. Ma la passione che si respirava fino a Marchionne sembra sparita. Il presidente e mi spiace ripeterlo quotidianamente, non ne trasmette. Non è possibile che a giugno non abbia ancora detto una parola sulla stagione di Formula 1. In quanto al ceo Vigna pare si sia appassionato molto alla Ferrari, ma guarda caso, quest’anno in pista non è ancora comparso dopo la gaffe del giorno della presentazione. Vasseur vive da 30 anni nel mondo delle corse. Ha certamente passione, ma per ora non sembra aver trovato la rotta giusta: continuare a ripetere che la Sf-23 ha le prestazioni in qualifica, ma non in gara, non ha troppo senso.

Le competenze ci sono ancora? Qui il dubbio è totale. C’era una volta la Ferrari di Montezemolo, Todt, Ross Brawn, Rory Byrne, Paolo Martinelli, Stefano Domenicali. In ogni ruolo c’era il meglio a disposizione. Senza contare i giovani che stavano iniziando come Binotto, Mazzola & c. Era un dream team. Massima competenza. Massima dedizione. Quello che oggi abbiamo in Red Bull. La sensazione è che in Ferrari manchi la metodologia di lavoro. Non è possibile che ogni volta che si porta in pista un’evoluzione questa non funzioni. L’anno scorso la nuova monoposto partì benissimo, poi i problemi di affidabiilità l’hanno azzoppata. Possibile che il passaggio alla Sf-23 abbia fatto perdere tutto? In fin dei conti le vetture 2023 erano un’evoluzione di quelle dello scorso anno.

Il cuore c’è ancora? Lo vedremo in pista a Le Mans a fine settimana. Il cuore c’è e non è solo quello degli amici di Caprino Bergamasco. Ma mi piacerebbe che ogni tanto ce lo facesse vedere anche il presidente. In Ferrari c’è bisogno di un presidente che si faccia sentire. Era così con Enzo, è stato così con Montezemolo e Marchionne. Si faceva sentire anche Fusaro, pur se ogni tanto sbagliava i tempi. Però si faceva sentire. Se Elkann ha troppi impegni trovi una persona di fiducia. Non è possibile che in sei mesi si sia sentito più Lapo di John.

Continuo a crederci, ma più il tempo passa più vedo progredire gli altri e la preoccupazione sale. Della Mercedes sappiamo tutto, della Aston Martin abbiamo capito che sta costruendo qualcosa di importante basandosi su denari, m a anche passione, competernza e ambizione (lasciare i motori Mercedes per gli Honda è un chiaro segnale). Anche l’Alpine che sta dietro può far paura perchè alla base c’è un uomo come Luca De Meo che ha passione, cuore e competenza. E non ha paura di far sentire la sua voce (De Meo e la resurrezione Alpine: “Io in Ferrari? Solo rumors”. Peccato).

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

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