Lucky, perché vedere la Formula 1 raccontata da Ecclestone

Bernie Ecclestone si sente ancora dio. Il dio della Formula 1. E’ questo l’effetto che fa quando compare all’inizio di Lucky, la serie sulla sua vita e sulla storia della F1, trasmessa da Dazn. Vestito di bianco su sfondo bianco. Chi vi ricorda se non Colui che sta lassù?

Chi ama la Formula 1 non può perderlo. Ci sono immagini d’epoca straordinarie e il racconto di chi ha vissuto davvero dall’interno questo sport, anzi da chi questo sport lo ha trasformato in business.

Il prodotto è frutto di due anni di lavoro, tanto materiale privato di Ecclestone come i filmini girati a casa Rindt, una lunghissima intervista a mister E che fa da collante a tutta la storia.

E’ in pratica la risposta di Ecclestone a Drive to Survive di Netflix. “Quella è la Formula 1 secondo gli americani, questa è la vera Formula 1”, sembra che abbia detto. E’ una Formula 1 in cui si moriva, una Formula 1 senza alta definizione, ma con una dose di cuore e di coraggio che fa impressione.

Il primo episodio (ne esce uno nuovo ogni venerdì) si intitola “Forgiato in guerra“. Siamo nel 1950, alle origini della Formula 1. Bernie ovviamente c’era già. Anche se solo come spettatore quel 13 maggio in cui a Silverstone arrivarono anche il Re e la Regina. “Andai con mio padre. Non c’erano hotel, così dormimmo in macchina”… Ci sono le immagini di quella prima gara. La vittoria di Farina. Il dominio Alfa Romeo… Le parole, in italiano, di Farina.

Ecco la mia intervista a Bernie in occasione dei 70 anni della F1 #Ecclestone e i 70 anni della #F1… ecco l’intervista

C’è il racconto dei primi affari di Bernie, quando a scuola comprava panini in un botteghino alla stazione e poi li rivendeva ai compagni nell’intervallo… “Sono stato fortunato a lasciare la scuola a 15 anni e a diventare un venditore di auto usate...”. Siamo a Londra 1952: “Se dicevi affare fatto, l’affare era fatto”. Una filosofia che lo ha sempre accompagnato.

C’è l’Ecclestone pilota. Le poche vittorie fino a che a Goodwood non si vide sorpassare all’esterno dove non si poteva passare: “Era Stirling Moss, un artista”….

Si parla di Fangio, il rimpianto di averlo conosciuto troppo tardi, quando era già un numero uno. Poi Bernie ricorda Stuart Lewis-Evans. Con lui cominciò a frequentare davvero la Formula 1, a conoscere quelli che poi ne hanno scritto la storia. Siamo negli anni Cinquanta. Bernie racconta quei piloti e butta lì un “non c’erano i penosi social di oggi” che dice tanto. Casablanca 1958, il giorno dopo il 28° compleanno di Bernie, la morte di Stuart e il mondiale di Hawthorn. “Decisi che non mi sarei più fatto coinvolgere emotivamente”.

Ma poi ecco Jochen Rindt, la moglie che gli racconta di avere un desiderio (“che tu smetta di correre”), Bernie che gli fa da manager e si mette tra lui e Colin Chapman. L’audio è quello originale, sottotitolato: una bella scelta far sentire le voci dei protagonisti.

Dopo esser stati con vecchi filimini super 8 a casa di Jochen, con sua moglie Natasha, la piccola Nina (che poi negli ani Novanta lavorerà con Bernie in F1) ecco che si arriva a respirare la tragedia del 5 settembre 1970 a Monza. C’è il giovane Bernie che corre verso la Parabolica. C’è il suo racconto di quei momenti. Il dolore. Le velate accuse alla Lotus. Ci sono le immagini in bianco e nero del funerale a Graz. E poi riecco Bernie in bianco su sfondo bianco: “Anche se la morte di Jochen è stata una grande perdita per me, non è stata la mia fine in Formula 1″

A dirigere la serie (otto episodi) il film-maker Manish Pandey, quello che ha già firmato il docufilm su Senna. E’ anche l’ autore della sceneggiatura, attraverso la sua casa di produzione Jiva Maya, mentre la realizzazione della colonna sonora è stata affidata ad Antonio Pinto, compositore delle musiche di Senna. Pandey ha deciso di incentrare ogni episodio su un pilota così da rendere il prodotto godibile anche per i non super appassionati. Si parte con Rindt di cui Bernie fu manager, poi si passa a Lauda (centrale nel secondo e terzo episodio), Piquet, Prost, Senna, Schumacher e Hamilton.

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

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