
Weekend da MotoGp, weekend da Mugello. Gran Premio d’Italia, terra dei sogni. Uno su tutti, fermare Marquez e ridare senso a un mondiale che sembra aver già imboccato un “senso unico”, nonostante la forma della Ducati e la voglia del Dovi. Si aspettano le rivincite. Sue, di Valentino, del rinato Iannone, del sempre più tosto Petrucci.
Per chi non potrà andare al Mugello e sta sfidando il caldo milanese un consiglio: il MotoMondiale potete viverlo anche qui al Museo della Scienza e della Tecnica (il sito del museo) dove tra Leonardo, Marte, il sommergibile Toti, Luna Rossa, i treni più belli mai visti e cento laboratori, trovate fino a domenica la mostra sui “Colori del Motomondiale”, costruita sulle invenzioni di Aldo Drudi, l’uomo che disegna e colora i caschi di Valentino e non solo i suoi. (il sito della mostra)

Sono di parte, lo confesso, perchè ho visto nascere questa mostra da vicino, l’ho caldeggiata, spinta e finalmente vista crescere quando lavoravo ancora in Gazzetta, ma stamattina ho fatto un salto a vederla e vi assicuro che ne vale la pena (a dire il vero tutto il museo merita): ci sono tutti i caschi della famiglia Rossi, da quello di papà Graziano degli anni Ottanta, a quelli di Vale che sta preparando la sorpresona per sabato al Mugello. Ma non solo Vale. Ci sono tutte le moto iscritte al Mondiale, esposte con casco e tuta dei piloti, dalla Honda di Marc Marquez (campione 2017) alle Ducati, Yamaha, Suzuki, Aprilia e Ktm ufficiali a quelle dei team satellite LCR, Pramac, MarcVDS e Tech3. Oltre agli scatti di due fotografi mitici del Motomondiale: Gigi Soldano (Milagro) e Mirco Lazzari.

Aldo Drudi è un personaggio geniale dall’entusiasmo coinvolgente. Ha voluto fortemente questa mostra a Milano e a giudicare dal numero dei selfie che sono stati scattati davanti ai suoi caschi e alle moto, ha avuto ragione da vendere. A Milano non era mai stato organizzato nulla di simile.
“Ho pensato a questa mostra cercando un modo diverso di raccontare il motociclismo, quello che conosciamo noi che frequentiamo il paddock, anziché quello che, a molti, può sembrare solamente qualcosa di tecnico o ossessivo, gente che gira intorno in pista per andare sempre più forte. Invece non è per niente così. La passione per la velocità è, a mio avviso, qualcosa che viene da lontano, di atavico, che tutti abbiamo dentro”.

“L’andare un po’ più forte di quello che riusciamo a fare con il nostro corpo ha sempre affascinato l’uomo, dalla scoperta della ruota in poi. Qualcosa di ancestrale, che tutti possiamo percepire: il fascino della velocità”.
“I piloti, quando indossano tuta e casco, è come se facessero un passo indietro nel tempo. Cavalieri medievali che si preparano ad affrontare la battaglia, riconoscibili dalle livree delle loro casate. Se un tempo le armi erano lance o spade, oggi sono le moto con le quali ogni domenica scendono in pista a sfidare prima di tutto se stessi e poi gli avversari. Ed è proprio attraverso la grafica e il design di questi oggetti che, con questa mostra, vogliamo raccontare l’animo romantico del motociclismo”