Rassegna stampa: che si dice della Ferrari dopo Binotto

A stupire sono quelle due righe in coda al comunicato ufficiale della Ferrari, quelle in cui a Maranello mettono nero su bianco di non avere ancora il sostituto di Mattia Binotto. È la cosa che preoccupa di più e rende incerto un futuro che avrebbe dovuto portare all’assalto del Mondiale.

Vedremo quanto durerà questo vuoto. intanto comincia la caccia a Binotto e ai suoi 28 anni di sapere rosso. Lo hanno già cercato Audi e Alpine, potrebbe farsi viva la Mercedes che è abituata a far lavorare e vincere gli ex ferraristi (Aldo Costa, Allison, il motorista Sassi).

I nome per il dopo Binotto segnalati dai quotidiani restano quelli di Frédéric Vasseur dall’Alfa Romeo, Ross Brawn, ex direttore tecnico in Ferrari ai tempi di Schumacher e appena dimessosi dal ruolo di direttore tecnico di Liberty Media, oppure l’ad Vigna. Ma se ci sono tre nomi, allora vuol dire che non ce n’è ancora uno. 

Ecco la rassegna di www.loslalom.it

Stefano Mancini su La Stampa sostiene che ora il problema non è soltanto chi sarà al comando della Ferrari dal 2023, ma quali problemi dovrà affrontare con precedenza assoluta. Non dovrà nell’immediato occuparsi di questioni tecniche, perché il progetto 2023 è già molto avanzato e definito, ma erediterà le emergenze della passata gestione. Vorrà inserire persone di fiducia nei punti nevralgici della squadra. È un processo inevitabile, oltre che importante per liberare nuove energie. A patto di non sentire il vecchio slogan «dateci qualche anno e saremo competitivi». Gli anni sono già trascorsi. Punto dolente è il rapporto con i pilotiLeclerc si aspettava un trattamento da prima guida sempre e comunque, mentre Binotto ha cercato da buon ingegnere di massimizzare i risultati di squadra. Se il pilota è stato interpellato, l’ultima spallata l’ha data lui. Certo, poi sorgerà il caso di Sainz, che si sentirà sminuito e rischia di perdere motivazione. Ma è il destino di tutte le scuderie vincenti che hanno in squadra un fuoriclasse (o promesso tale) e un buon pilota da sacrificare all’occorrenza

Daniele Sparisci sul Corriere della sera scrive che Binotto paga i risultati, ma soprattutto i rapporti mai decollati con i vertici che hanno deciso di voltare pagina. Ma forse anche loro sono stati presi in contropiede. Tanto è che non hanno un candidato immediatamente pronto alla successione – a Binotto è stato chiesto di restare fino a fine anno, seppure si tratti di una presenza formale è un dettaglio importante- in un momento critico della stagione nel quale la vettura per l’anno prossimo è nelle fasi finali di sviluppo, Binotto invece sarebbe già stato corteggiato da altri team, si parla di Audi che entrerà in F1 nel 2026. Ma non solo. Chiunque arrivi dopo di lui in Ferrari è obbligato a vincere

|Giusto Ferronato sulla Gazzetta spiega che questo divorzio non è stato un rapporto di coppia andato in frantumi in meno di due settimane, il tempo trascorso dalla smentita formale del Cavallino alla nostra anticipazione e il comunicato di ieri. Può crollare in meno di due settimane il legame tra i vertici di una Scuderia come la Ferrari e il proprio team principal? Molto difficile crederlo. Frédéric Vasseur resta il favorito, ma alla Ferrari ci vogliono pensare bene. Mister X avrà responsabilità e pressioni enormi. Ma vuoi mettere il fascino di provare a essere colui che riporterà il Mondiale a Maranello? .

Paolo De Laurentiis sul Corriere dello sport-stadio considera che è legittimo che il capo licenzi (al di là delle formule concordate nei comunicati) il primo dei suoi manager se non c’è sintonia e mancano i risultati. Non c’è quindi niente di strano nell’addio di Mattia Binotto. Preoccupano invece le ultime due righe della nota diffusa ieri da Maranello: «Inizia ora il processo per identificare il nuovo Team Principal della Scuderia Ferrari, che dovrebbe concludersi nel nuovo anno». Se la Ferrari è oggettivamente in ritardo rispetto alla Red Bull, ora rischia di essere in ritardo anche rispetto a se stessa. Se è vero, come è vero, che il destino di Binotto era segnato da tempo, il suo erede dovrebbe essere già al lavoro per cercare di recuperare terreno rispetto alla concorrenza. Invece la Ferrari di oggi non ha nessuno al comando e all’orizzonte si vedono più nuvole nere che albe rosse. Se sul fronte calcistico si sta aprendo una nuova èra della Juve, la stessa cosa non sta accadendo nell’universo Ferrari. Mentre il poster di Raikkonen, ultimo campione del mondo della Ferrari, ingiallisce sempre di più

Il Giornale allora cuce la crisi esplosa dentro la Ferrari con il trauma della Juventus e scrive con Benny Casadei Lucchi che esiste una profonda differenza tra le due rivoluzioni in corso, nei gioielli della famiglia. Al netto di un evidente processo di Elkannizzazione di entrambe, è sembrato che una contasse di più e l’altra di meno. Come se la Juventus dei bilanci devastati e delle inchieste e delle plusvalenze e degli accordi spericolati sugli stipendi meritasse una carezza che riordina subito il caos dopo lo schiaffo, e la Ferrari no. Perché il doppio schiaffo di lasciare la Ferrari senza team principal fino a nuovo anno in un periodo da sempre delicato per i team? Tanto più che il nome del sostituto sarebbe dovuto essere pronto da un pezzo visto che, a inizio stagione, il presidente Elkann aveva evitato di complimentarsi con la squadra «spiazzato» da vittorie inattese che complicavano la decisione già presa di rimpiazzare Binotto

Anche il Foglio, a firma mia,  mette a confronto le due crisi e scrivo che “la Juve ha cambiato per difendersi, la Ferrari lo ha fatto per attaccare. Andrea Agnelli e i suoi uomini si sono dimessi per potersi difendere in tribunale dalle accuse, pesanti e circostanziate, della Procura di Torino. Mattia Binotto, dopo quasi 30 anni a Maranello dove era entrato da stagista, perché il presidente Elkann non aveva più fiducia in lui. Da una parte è mancata la compattezza, dall’altra quella compattezza non è stata ritenuta sufficiente dal presidente per confermare la squadra e dare stabilità a un progetto partito meno di quattro anni fa. John Elkann ora ha affidato la Juve a uomini di fiducia, lontani dagli ambienti sportivi. Una scelta che ricalca quella del dopo Calciopoli, quando la società fu affidata a Giovanni Cobolli Gigli prima di tornare nelle mani della famiglia. Ci vuole un distacco guidato da professionisti di valore prima di ricominciare. Alla Ferrari il problema è solamente sportivo. Due dossier di crisi in contemporanea. Profondamente diversi, ma uniti da un fattore non secondario. Riguardano due proprietà della famiglia Agnelli, ma anche le due squadre che hanno più tifosi in Italia. Non si tratta solo di cose loro insomma. Ma della passione sportiva di tanti di noi”.

Secondo Fulvio Solms, sul Corriere dello sport-stadio, esiste un ulteriore rischio. I segreti della Ferrari sono sul mercato, titola il giornale, perché Binotto è un forziere di notizie e progetti della Rossa. Scrive Solms: Bisogna essere matti – ma matti di quelli veri – per essere al vertice di un team di Formula 1 e non vedere in Mattia Binotto un uomo-passepartout. La sua cartella – immagine metaforica, ché forse gli servirebbe un camion, o molti terabit di memoria – contiene tutti i più recenti progetti tecnici ma anche conoscenza di uomini, procedure, prassi, aspetti finanziari divenuti così importanti con il budget cap, e naturalmente gli inconfessabili segreti che la Ferrari ha, come ogni altra squadra. Chissà dunque dove finirà l’ingegnere reggiano, che dubitiamo si dedicherà alla vigna (con la “v” minuscola, of course). Toto Wolff lo chiamerà, se non l’ha già fatto

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

1 commento

  1. Non credo ci siano molti team disposti a prendersi un TP perdente. Se così fosse, quanto varrebbe allora un TP vincente? Mr. Bean8 è un motorista e con questo forse potrebbe puntare ad entrare in altri team. La gestione della squadra non è il suo punto forte per cui non ce lo vedo a diventare TP in una squadra di punta. Toto lo vorrebbe? Forse solo per rubare qualche segreto della rossa ma in questo mondo i progetti durano mesi, neanche anni. Tant’è che il divieto di passare ad altro team scadrà dopo sei mesi. E’ evidente che la macchina del prossimo anno non nasce ora ma è già stata progettata in estate se non prima, ma anche gli altri team sono a questo livello e di sicuro a luglio del prossimo anno non potranno modificare (ammesso lo volessero fare) il proprio progetto per adeguarsi a quello della rossa che, all’epoca, sarà già vecchio di un anno.
    Umanamente spiace per un dipendente che deve lasciare l’azienda nella quale ha investito il proprio percorso lavorativo dopo ventotto anni, ma mr. bean8 ha avuto più di un’occasione per poter emergere e fare della ferrari un team vincente: in quattro anni ha raccolto solo il secondo posto ad anni luce di distanza dal primo. Anche fosse stato riconfermato, l’unica certezza è che la ferrari non avrebbe vinto. Per i due contendenti RB e Mercedes sarebbe stato meglio, ora invece c’è l’incognita che possa diventare competitiva per l’effetto novità che inevitabilmente un nuovo TP porta con sè.
    La macchina di quest’anno era nata bene ma non è stata sviluppata: mi domando (e le risposte arriveranno il prossimo settembre) se le altre squadre abbiano rispettato il budget cap visto che RB e Mercedes hanno portato novità fino alla penultima gara mentre la rossa ha cessato lo sviluppo per essere arrivata al limite massimo permesso già alla ripartenza del mondiale dopo la sosta. Se fosse tutto corretto e veramente ferrari ha dilapidato il proprio budget in un periodo molto più breve delle altre squadre, anche questo dovrebbe, credo, essere responsabilità di un TP: in cosa ha investito i milioni se non ne aveva più da spendere quando sarebbe stato necessario?

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