Rassegna stampa da Baku tra Leclerc, Hamilton e Brad Pitt

Rassegna stampa da Baku. Tra il tempo di Leclerc, le parole di Horner (gazzetta) quelle di Hamilton (equipe)

Che torni a vincere o che continui a perdere, Lewis Hamilton non lascia. Non smette. Anche se la sua testa si sta affollando di altri progetti. Il 7 volte campione ha parlato in una intervista con Frédéric Ferret su L’Équipe, “con grande franchezza, di questa nuova vita all’ombra, lontano dal podio (solo uno in questa stagione, in Bahrain) ma piena di progetti, come questo film che presto produrrà con Brad Pitt nel cast”. Ha concesso venti minuti al giornale francese dopo la conferenza stampa e ha parlato così:

«Non posso dire di più. Un lavoro che garantisce la diversità. Sono coinvolto anche nella sceneggiatura: è fantastico. Proprio come passare del tempo con Brad. Voglio fare di tutto per mostrare a più persone possibile quanto sia favoloso questo sport». 

Ripete spesso che non ha memoria, ma sa cosa è successo quindici anni fa, l’11 giugno 2007?

«(Sorride.) Beccato: ho vinto la mia prima gara in F1!»

Allora le cose le ricorda…

«Me l’ha appena detto qualcuno (sorride ancora)».

Quello che probabilmente non sa è che quel giorno ha iniziato una serie, ancora in corso, che le ha permesso di eguagliare Michael Schumacher…

«Quale?».

Quindici anni di Formula 1 con almeno un GP vinto in ogni stagione. Siete gli unici due a esserci riusciti. Se vincesse una gara nel 2022, lo batterà.

«(Stupito). Davvero? Non lo sapevo».

Quanto si sente distante dalla vittoria?

«Le mie sensazioni variano di giorno in giorno. Alcuni giorni sembra molto vicina e in altri molto lontana… (Sospira.) A Barcellona, ​​per esempio, se si guarda al nostro ritmo alla fine del Gran Premio, uno pensa che se l’avessimo tenuto per tutto il week-end, saremmo stati in corsa per la vittoria. Ma anche il ritmo di Pérez era impressionante, e se avesse continuato anche lui a quel modo avrebbe vinto. Quindi è difficile da dire. Ma non siamo molto lontani».

I ricordi aiutano a resistere in questi tempi difficili?

«Più che la memoria, direi l’esperienza. E poi invecchiare. Non sono più lo stesso pilota. Non ho più 25 o 26 anni, ne ho (ci pensa) 37 e faccio squadra meglio di prima, gioco di più per il gruppo».

Significa che può sopportare di essere battuto meglio? Avere George Russell davanti è accettabile?

«(Sorride di nuovo.) Tutti ne parlano molto. A essere onesti, non è facile. Sono diviso a metà. Da un lato, voglio che tutti nel team diano il meglio di sé e che tutti abbiano successo. Allo stesso tempo, sono un agonista e voglio battere tutti. Quindi rimango concentrato sui progressi che stiamo facendo, su cosa posso migliorare su questa macchina. Da quando George ha iniziato con noi, ha sempre avuto un atteggiamento molto positivo. Interpreta perfettamente il suo ruolo. Ma mi conoscete, io sono abituato a dire le cose come stanno».

Ha appena menzionato la sua età. Com’è stato ritrovarsi a Miami in una foto con David Beckham, Tom Brady e Michael Jordan?

«Totalmente irreale. Penso ancora al ragazzino di Stevenage che risparmiava per comprare le Air Jordan e andava al parco giochi sotto casa per imitarlo. L’ho adorato. Mia madre usciva con un tipo che lavorava in una base americana e io guardavo tutte le partite con quei bambini. Volevo diventare Michael Jordan, essere grande come questo gigante che piantava schiacciate folli».

Durante la foto, gli ha parlato?

«Siamo in contatto ormai da diversi anni. Quando ci siamo conosciuti, a New York, non era ancora un fan della F1. Adesso ne va matto. Stare con queste leggende dello sport è qualcosa di enorme, sono cresciuto nello stesso periodo in cui David (Beckham) e Tom (Brady) erano diventati miei vicini di casa a New York. Mi sento come se fossi tra coetanei. Be’, a parte Michael (scoppia a ridere)».

Ha parlato del ritiro con loro?

«No. Con Serena (Williams) e pochi altri atleti, ma non con loro».

Perché non ci pensa?

«Amo quello che faccio».

Se l’anno scorso avesse vinto un ottavo titolo, se ne sarebbe andato?

«Non la penso così. Non sono uno che si concentra su un numero. La guida è la mia passione. Otto titoli non avrebbero cambiato la mia vita. Non mi vedo a lasciare dopo un titolo…».

Non è come Nico Rosberg?

«(Sorride ma non risponde.) Andrò avanti finché mi divertirò».

Perché ha cercato di acquistare il Chelsea?

«È un punto di partenza. È importante. Basta guardare Michael. Possiede una squadra di basket, una scuderia Nascar e un grande marchio di abbigliamento. Jordan è un top brand. Mi ci vedo a farlo un giorno».

E comprare una scuderia di Formula 1?

«(Immediatamente.) Tutto è possibile».

Ecco invece Horner intervistato da Giusto Ferronato sulla Gazzetta

Dopo la partnership con Renault e Honda ora vi avviate a creare una divisione motori interna. Qual è l’idea di progetto a lungo termine? Solo F.1 o altro?

«Credo sia una buona opportunità come gruppo. Abbiamo progettato la supercar Valkyrie, abbiamo altri progetti legati all’automotive, è insomma un’evoluzione del gruppo Red Bull. Il nostro Campus tecnologico guarda a tante realtà, tipo la collaborazione con Alinghi nell’Americas’ s Cup. Ma il focus resterà sempre la F.1».

Cosa pensa di queste nuove monoposto?

«I piloti possono stare molto più vicini, vediamo corse molto divertenti tra Max e Charles». 

Per chi viene dall’Inghilterra, che cosa rappresenta la Ferrari?

«La Ferrari è il simbolo del lusso automobilistico. Chi possiede una Ferrari è automaticamente una personalità. E poi sfidarla è molto più gratificante che farlo contro la Mercedes».

Cosa le piace di Verstappen che non è ancora stato raccontato?

«Che gli piacciono i gatti».

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umberto zapelloni

Nel 1984 entro a il Giornale di Montanelli dove dal 1988 mi occupo essenzalmente di motori. Nel gennaio 2001 sono passato al Corriere della Sera dove poi sono diventato responsabile dello Sport e dei motori. Dal marzo 2006 all'aprile 2018 sono stato vicedirettore de La Gazzetta dello Sport

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